Mercoledì, 04 Dicembre 2024

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IL SOVRANO E LA GIUSTIZIA

Prima fra tutte, la repressione del brigantaggio: còmpito supremamente arduo, per non dire impossibile.

Ma Sisto V si accinge all’opera con indomito ardore e con piena fiducia di riuscirvi. Il quarto giorno dalla sua elezione fa giungere inesorabile la condanna di morte sopra quattro fratelli di Cori trovati colle armi in mano contro il divieto della legge; la mattina dopo, i loro cadaveri appesi al Ponte S. Angelo dicevano chiaramente al mondo i fermi propositi del Pontefice. Roma accoglie silenziosa e tremante gl' inizi sanguinosi del nuovo regno, senza peraltro alcun timore e che il sovrano diventi un Caligola o un Nerone, giacché se ne riconosce da ognuno la dolorosa necessità: più tardi infatti il Pontefice, ottenuto il suo scopo, concederà generosi e insperati perdoni; ma ne’ primi momenti è sacro dovere per lui far conoscere che una mano ferma e vigorosa regge finalmente lo Stato, le cui leggi non si violano impunemente, sieno pur nobili i trasgressori, sieno pure potenti o protetti da potenti.

Ai banditi muove guerra senza tregua, e incomincia col congedare le truppe appositamente assoldate da Gregorio XIII, giacché s’avvede delle loro segrete intelligenze coi malviventi; rende poi responsabili i popoli della persecuzione dei banditi e financo dei danni quando mancasse loro il coraggio di battersi contro di essi; getta infine nelle file dei ribelli la discordia e addirittura lo spavento e il terrore, col promettere premi e impunità a chi di loro consegni vivo o morto un qual che compagno. I ribaldi ora smettono d’ insolentire, ora non si veggono più sicuri, temono da ogni parte agguati, tradimenti e morte, e son costretti a gettare le armi e i più a fuggirsene negli Stati limitrofi (Tav. XV). Ma anche colà, ombra terrorizzante, li segue il potete di Sisto, e da ogni parte ritornano a lui per essere giustiziati. Sisto V, primo in diplomazia, gettava così le basi dell’odierna estradizione!

Sisto V non aveva milizie: i suoi fanti superavauo appena il numero di 200 in tutto lo Stato pontificio, non compresa la sua guardia composta di 100 lance e 100 cavalleggeri: ma il suo governo era forte e temuto per la inesorabile applicazione della legge. « Le bilancie della giustizia, scriveva un contemporaneo, stanno del pari: tanto è fatta ragione al povero, quanto al ricco. Ora non si può dire che le leggi sono tele di ragno... sono invece muri di ferro che ritengono tanto gl’impeti gagliardi quanto le deboli forze. Non c’ è riguardo di ricchezza, di povertà, non si pone mente ai doni e favori, ai privilegi o dignità, quando si tratta di giustizia » (Tav. XVI).

Un Conte Pepoli, della primaria nobiltà bolognese, venne decapitato per essersi opposto alla consegna d’un bandito: il Cardinal Guastavillani fu arrestato per disubbidienza: l’amabasciatore di Francia cacciato da Roma: il Governatore di Milano e il Viceré di Napoli minacciati di scomunica. «Se lo stesso Imperatore venisse a Roma, disse un giorno Sisto V, dovrebbe osservare le leggi del paese!».

E la sua volontà indomita trionfò di ogni ostacolo, giacché la pubblica sicurezza venne in breve ristabilita in Italia, tra l’ammirazione e il plauso dell’intera Europa. Il nome di Papa Sisto risuonava terribile, e nelle pubbliche strade bastava ricordarlo appena ai maneschi, per toglier loro ogni ticchio d’accapigliarsi; come pur le mamme se ne valevano per acchetare i bambini!

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