IL DIPLOMATICO
Filippo II era o voleva essere il capo laico della cristianità, il soldato vigilante della Chiesa, e non v'era sovrano che si mostrasse così zelante, che comprendesse meglio la sua parte di difensore della fede cattolica. Sisto peraltro non amava il re di Spagna: una segreta antipatia sembrava dividere questi due grandi uomini. Filippo infatti non voleva che il papa intervenisse negli affari religiosi del suo paese, ed esercitasse il suo ministero in Ispagna senza l'autorizzazione del potere reale. Re mistico pensava di essere un po' sacerdote. Queste non erano le vedute del papa. Per lui i principi secolari non dovevano avere alcuna parte negli affari eclesiastici; ammetteva un poco ch'essi indirizzassero ai papi i loro consigli e le loro preghiere, ma il solo giudice in materia di disciplina e di dogma era e doveva restare il papa. Numerose lamentele su abusi ed atti arbitrari in questa materia non cessavano di arrivare a Filippo II da parte di Sisto V.
I loro rapporti non erano dunque cordiali: ma la comunità dei loro interessi e la saggia moderazione del re, impedirono sempre una rottura, perché tutti e due avevano uno scopo: l'unità della fede cattolica nel mondo: soltanto Filippo II voleva realizzarla a proprio profitto creando sé stesso capo della monarchia universale!
Eppure « la vita di Filippo è ben preziosa», confessava Sisto V. E lo era difatti: perché, cadute tutte le generose illusioni del Pontefice su di una probabile conversione della regina Elisabetta d'Inghilterra, non rimaneva, come misura estrema, che una spedizione militare del potente sovrano Spagnuolo contro quel regno. Al papa ripugnava molto che Filippo aggiungesse la corona d'Inghilterra a quella di Spagna; ma non vedevasi altro mezzo per ristabilire il cattolicismo in Inghilterra.
La decapitazione dell'infelice Maria Stuarda, eseguita per ordine della regina Elisabetta (18 febbraio 1587) suscitò un'emozione considerevole a Roma e a Madrid; il papa pianse molto allorché apprese questo funesto avvenimento, che era un nuovo trionfo per i protestanti e lanciò la scomunica contro Elisabetta. Filippo II considerò la giovane regina di Scozia come una santa, e per vendicarla risolse di mettere insieme una flotta straordinaria, una colossale squadra: l'Invincibile Armata. Il papa approvò quest'idea e promise al re una sovvenzione annuale di 1.000.000 di scudi.
Ma occorreva rapidità d'azione, e Sisto V cercò comunicare al re la propria energia scrivendogli di propria mano, spronandolo a non frapporre indugi e non prolungare le sofferenze dei cattolici inglesi.
La proverbiale lentezza spagnuola influì sinistramente in questa impresa. Il papa se ne mostrava assai malcontento e dolevasi di tanto denaro sciupato mentre gli armamenti non erano mai al termine : « Quest'Armata di Spagna ci da dei pensieri » diceva Sisto V: « abbiamo cattivi presentimenti e temiamo un esito funesto. Invece di farla partire nel settembre dell'anno passato (1587) come noi avevamo consigliato, perché nella guerra la prontezza è la cosa principale, il re ha portato a lungo, ha tergiversato e lasciato alla regina il tempo di difendersi ».
E l'Armada non partiva; Filippo non profittava nemmeno della lontananza del terribile ammiraglio inglese Drake, allora alle Antille. Sisto V desolato, disse all'ambasciatore veneto che gli Spagnoli son come il cane del giardiniere, che non mangia i cavoliflori e non li lascia mangiare dagli altri. L'Armada finì col partire (agosto 1588), ma per correre incontro al disastro che l'annientò quasi interamente sui lidi inglesi. L'afflizione fu grande a Madrid, dove il re divenne triste e amante della solitudine, e a Roma, dove il papa non volle più dare sussidi alla Spagna. Sisto infatti, misurò tutta la portata del disastro che aveva subito la Spagna e si lamentò amaramente con Olivares, ambasciatore spagnolo, che i suoi consigli non fossero stati ascoltati. Mentre Elisabetta attribuì la sua salvezza alla Provvidenza e Filippo la sua disfatta agli elementi, il papa solo vide che la vera causa dell'avvenimento, erano stati l'energia e il senso pratico della regina, aiutata dalla irresoluzione del re di Spagna.