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A Sisto V nel IV Centenario della sua nascita

A distanza di cento anni riproponiamo i versi dedicati a Sisto V del grottamarese Giuseppe Spina

 A SISTO V

nel IV Centenario della sua nascita

Sempre verdeggia la ridente conca
in faccia al mare che redento è alfine:
spargono i venti, come allori gli effluvi
degli aranceti.

Erran tra i colli e il pian, dove una stirpe
nobilitata di onestà e lavoro
sempre più i campi fertili coltiva,
mugghi di bovi

e di pulsanti macchine frastuoni:
mentre dal mare lenta, afflitta, dolce,
ad ora ad ora la canzon si leva del pescator.

Tutta la terra dove prima il riso
ampio di Dio godesti, oggi di ulivi
s’ombra, di querce, di cipressi e allori,
come ai tuoi giorni.

Come ai tuoi giorni poveri, infantili,
quando ire ed armi avvolsero l’Italia.
(Così com’oggi, oh! quando, Patria, quando
mai le fraterne

braccia dei figli tuoi pacificati
saran protese per l’ amor ?) Tu a guardia
del niveo gregge, a piè del colle, gli occhi
affisi o al cielo

senza confine o al mar senza riposo
od alla terra santa di lavoro,
già divinavi la virtù gigante
del tuo pensiero.

E offerto il cuore a Dio, data la mente
all’ umil segno, alla superna fiamma
della sua Chiesa, su le ree miserie
ti sollevasti.

Faro gentile di bontà e giustizia,
tu prodigasti dall’ un capo all’ altro
del bel paese, tenebre ed errori
via dissipando

dall’ egre menti, la parola accesa
di ogni dono di Dio; mentre la vita
tua pura d’ atti, fervide alla fede
trasse le genti.

Finché sul soglio dove Cristo eleva
chi di Lui fulge, ti assidesti aprendo
le braccia a quei che più piacquero a Lui,
ai forti e miti.

Fiero ed avverso a chi colle sostanze
della terra ozio e vituperio accolse;
e insaziato, tra i delitti, accrebbe
oro ed infamia.

Ma mite innanzi agli umili che tutto
seppero il ben con poco desiderio;
e la fatica illuminaron lieti
di pace e amore.

Tu, rampollo di popolo, tu il vero
simbolo forte del lavoratore
che il genio e tutto il suo valor solleva
dal mondo a Dio.

Popolo e Cristo, libertà e giustizia,
scintillano con sillabe di gloria
sul purissimo labaro che guida
gli uomini al bene.

Troppo il fratello maledì il fratello:
troppo sentimmo l’aria e il pan di tosco:
troppo fingemmo, ciechi di battaglie,
nero il domani.

Oh, è tempo si che sulla rossa terra
stenda la pace il candido velario:
imbalsami un’immensa onda d' amore
ogni ferita.

Passan le genti, mutano i costumi:
son solo eterni la virtù e l’amore.
Sempre il pensier dei grandi al popol diede
la via al cielo.

Sisto, dì ancora che nell’ uomo è l’ ombra
Ciò che vien d’odio, luce vien d’amore:
ed il gran premio può sperar sol quello
c’ama e perdona.

Grottammare 1921           GIUSEPPE SPINA

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