SISTO V E MACERATA*
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Scritto da Libero Paci
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Dei rapporti - di notevolissima rilevanza - fra Sisto V e la nostra città quasi nulla rimane nella tradizione locale.
I non più giovani narrano, per la centesima volta, le stesse leggende che i più vecchi tramandarono per secoli. Leggende nelle quali si dice del "Papa Sisto che non la perdonò nemmeno a Cristo”, infrangendo un truffaldino Crocifisso sanguinante e scoprendo il trucco ("Come Cristo ti adoro, come legno ti spezzo"). Ovvero di Fra’ Felice che, catturato dai banditi e costretto a fare il girarrosto, ad ogni rotazione di spiedo mormorava fra i denti “Non glirà sempre cuscì" equivocando fra il girare e l'andare e pregustando lo sterminio del banditismo. Ed ancora dell'artificio usato dal Cardinal Peretti quando, nel Conclave del 1585, presentandosi ai colleghi in cattivo arnese ("Coll'occhiali"), ingannò (ma l'espressione maceratese è molto, ma molto più forte) gli elettori ("li Cardinali") che credettero di fame un insignificante "Papa di transizione".
Del tutto sconosciuta è, invece, la leggenda - tramandata dal pettegolo e non sempre attendibile Leti1 - per la quale il potentissimo Papa Sisto saldò il debito, contratto tanti anni prima dall'allora povero Fra' Felice, con un calzolaio locale, promuovendone il figlio ad una cattedra vescovile.
Mentre il Convento e la chiesa di S. Francesco che ospitarono il futuro Pontefice sono stati completamente distrutti, una memoria - povera memoria in verità - resta di lui in una lapide, in volgarissima pietra di Trani, reinnalzatagli, una trentina di anni fa, sul palazzo della Rota maceratese, da lui fondata. Ma chi la guarda?
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