Sotto il segno di Sisto V *
Ignoro se vi si stata associata una qualche azione. Tanto meno se abbia avuto un influsso positivo o negativo.
Nato in via dei Serpenti, a quattro passi dal Quirinale, ultima dimora terrena di Sisto V, dopo poco tempo ero già a Grottammare, prima in via Roma, poi in via Pontelungo, dominata dal vecchio Incasato.
Lassù sono la Piazza Peretti e la Chiesa di Santa Lucia, sorta nel luogo dove era la casa di Felice e Camilla Peretti. Ho ancora nelle orecchie il suono delle campane del Paese Alto, ormai ammutolite.
Fino all’età di otto anni rimasi a Grottammare. Oltre ad intraprendere i primi studi, scorazzai in lungo e in largo per i colli, per la marina, dove la parrocchia è intitolata a S. Pio V, grande protettore di Frate Felice, e per la spiaggia, dove facevano ancora bella mostra di sé gli scoglietti di Sisto V.
Rientrato a Roma, frequentai l’Istituto Massimo dalla quarta elementare alla maturità classica. Il Massimo era allora nel sito un tempo occupato dalla villa Montalto, a cui Sisto dedicò cure infinite, e conservava una serie di dipinti illustranti le principali opere realizzate durante il suo pontificato.
Abitavo in via Torino, vicino a S. Maria Maggiore, dove il Papa è sepolto nella cappella da lui voluta ed a lui intitolata. Ogni anni almeno quattro mesi erano dedicati a Grottammare.
Diciottenne, presi la strada del mare e trascorsi quattro anni a Livorno. A quel porto facevano capo i Cavalieri di Santo Stefano, che molto operarono sul mare contro i pirati di concerto con la squadra permanente pontificia voluta da Sisto V.
Poi due anni a Napoli. Quante volte ho scavalcato il fiume Sisto per recarmi a Roma! Cominciò la via di bordo e da allora per forza di cose Grottammare fu trascurata. Ma già dopo il 1966, non appena possibile, cercai di trascorrervi almeno un mese con la famiglia. Per non tirare troppo in lungo le cose, salto una ventina d’anni e mi ritrovo a Napoli. In un biennio di permanenza ho trascorso molto del mio tempo libero nella biblioteca nazionale al palazzo Reale, realizzato su progetto del grande architetto sistino. Sì, proprio Domenico Fontana, artefice primario del programma urbanistico di Sisto V. Trasferitosi a Napoli dopo la scomparsa del pontefice piceno, vi morì alcuni anni dopo ed ora è sepolto a S. Anna dei Lombardi.
Sono tornato a Roma da più di tre anni e il mio ufficio è nei pressi di piazzale Sisto V, dove gli archi superstiti ed una scritta ricordano l’opera meritoria di Sisto per arricchire Roma di quell’acqua Felice, la cui mostra a piazza S. Bernardo tante volte mi era stata illustrata da mio padre, con commenti poco favorevoli alla prestanza artistica delle statue.
Mi pare che basti. Gli elementi per dichiarare che sono nato sotto il segno di Sisto sono tanti da giustificare ampiamente la mia asserzione. Ma voi che leggete, provate a fare un rapido esame della vostra storia: potreste arrivare alla mia stessa conclusione.
* (L’Ancora n. 17 del 21.05.1989)