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Alberto Silvestro, Relazione al Convegno di Montalto M. del 12.08.1998 - Conclusione

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Conclusione

Consentitemi, infine, di spendere qualche parola a proposito di polemiche secolari ancora non del tutto sopite. Anche io, come padre Gatti, non ho legami diretti con nessuno dei due paesi maggiormente interessati alla controversia, pur se ho una lunga consuetudine con Grottammare dove ho trascorso parecchi anni e conto numerosi amici.
Faccio seguito, in qualche modo ed a distanza di tempo, a quanto ha rilevato un personaggio indubbiamente più autorevole di me, Alberto Polverari (con il quale condivido il giudizio da lui formulato, oltre al nome di battesimo) che, dopo aver segnalato che "il Consiglio della Deputazione di storia patria per le Marche si era già in tempo preparato alle celebrazioni del quarto centenario del pontificato di Sisto V ... Il programma così concepito era adeguato alla grandezza del soggetto né si potrebbe obiettare che esso sia utopistico ... Il progetto totale venne poi fermato, sembra un paradosso, dall'amore e dall'orgoglio dei luoghi natali di Sisto V. Voler esaltare, quasi in gelosa esclusiva, il proprio concittadino illustre ha in pratica significato il ridimensionamento degli studi e delle pubblicazioni sopra di lui, quali sarebbero stati realizzati con l'impegno più largo."(12)
Da parte mia, posso aggiungere che, in occasione della mostra sistina tenuta a Palazzo Venezia nel 1993, appresi dal Carnet di Roma (bollettino dell'EPT di Roma) del novembre 1992 che il pontefice era nato a Montalto. Scrissi subito al presidente di quell'Ente per segnalare l'errore. Mi rispose che era bene che mi rivolgessi al comitato organizzatore. Inviai allora due lettere agli interessati senza ottenere risposta. Al terzo tentativo ebbi un poco più di fortuna, in quanto mi rispose direttamente il soprintendente ai beni artistici di Roma, che però lasciava intendere di non avere possibilità di far correggere affermazioni inesatte di quella portata. Eravamo giunti a marzo 1993 e probabilmente il catalogo era stato già pubblicato, ma l'aggiunta di un'errata corrige non avrebbe certamente creato grossi problemi. Le cose rimasero come erano e ne trassi la conclusione che io, semplice appassionato, non avrei mai ottenuto completa soddisfazione dagli specialisti. Non ho tanti capelli da potermeli strappare ad ogni occasione che meriterebbe un atto di disperazione di tal genere e quindi accantonai la questione. Oggi, in questo ambiente, la ripropongo non certo per risvegliare polemiche fuori posto e campanilismi senza senso ma per invitare gl'interessati a meditarvi sopra.
Operazioni del genere, condotte da una parte o dall'altra o da entrambe, non fanno bene alla cultura. Come tutte le cose di questo mondo, la cultura è fondata sulla verità e sulla chiarezza o, almeno, lo dovrebbe essere. E noi, che prendiamo parte ad operazioni culturali di vario genere, dobbiamo batterci perché sia sempre fatta chiarezza e sia sempre cercata la verità.
Felice Peretti è nato a Grottammare il 13 dicembre 1521, da padre montaltese e madre di Frontillo di Camerino.(13) Fino all'età di 10 anni è vissuto nel paese natio. Poi a Montalto, dove è rimasto 6 anni (ma in questo periodo andrebbe collocata anche la permanenza in Ascoli Piceno), e a Pesaro (1537-38), Jesi (1539), Rocca Contrada (1540), Ferrara (1540-42), Bologna (1542-43), Rimini (1544-46), Siena (1547), Fermo (1548, laurea) per motivi di studio o per svolgere attività di predicatore. Giunto a Roma, dopo essere stato in molte altre città d'Italia (Napoli, Venezia, etc.), vi si è trattenuto a lungo allontanandosene saltuariamente. Si ricordi il suo viaggio in Spagna, quando fu inviato da Pio V a quella corte.
Pervenuto alla porpora ha assunto il titolo di cardinale Montalto, che dimostra quanto fossero forti i suoi legami con la famiglia paterna ed il luogo d'origine, al quale ha riservato costante attenzione ed ha dedicato numerosi contributi per favorirne la crescita, come risulta da corrispondenza privata e d'ufficio. Divenuto papa è stato uno dei protagonisti della storia mondiale dell'epoca.
Attribuire ad un personaggio del genere dei connotati spiccatamente locali e circoscritti equivale, a mio parere, a sminuirlo, a strapparlo da una posizione di livello straordinario per collocarlo in un ambiente ristretto e animato da rivendicazioni di carattere troppo particolare e limitato per la sua personalità. L'unico risultato sicuro di simili operazioni è quello di "umanizzarlo" nel senso deteriore dell'espressione, cioè di ridurne l'importanza universale. Egli è stato protagonista di scontri memorabili per la difesa del cattolicesimo contro la religione riformata, per il consolidamento della fede di Roma e dei suoi sostenitori nei confronti di sovrani protestanti, ma non al punto d'ignorare il sottofondo reale delle lotte di religione in Francia. Infatti non condannò irrimediabilmente Enrico di Navarra e riuscì ad avviare a soluzione vantaggiosa per i Francesi quello spinosissimo problema.
Alla formazione della sua personalità hanno fornito contributi efficaci tutti coloro che ne hanno favorito la formazione spirituale e culturale. E' fuori di luogo, anzi concettualmente e praticamente impossibile, attribuire a ciascuno di essi una esatta partecipazione al raggiungimento del risultato finale, espressa ad esempio in percentuale: Grottammare 5%, Montalto 5%, Roma 50% e così via.
Già in passato ho definito, e continuo a definire tuttora, Sisto V cittadino del mondo, quindi anche di Fermo, di Grottammare, di Montalto, di Roma, etc., ma non solo ed esclusivamente di ciascuno di questi luoghi.(14) Egli non può e non deve essere coinvolto in operazioni di esaltazione di ambito locale che conducano a contrapposizioni totali, rigide ed oltranziste.
Una misura indiretta della grandezza di un pontefice ci viene offerta da come egli viene inserito nella serie cronologica dei papi da parte degli studiosi in Francia, nazione che a Sisto deve l'impostazione conclusiva di un travagliato conflitto interno che poteva comprometterne l'unità e l'indipendenza. Quando essi impiegano l'aggettivo ordinale e non quello cardinale, abbiamo a che fare con un individuo sicuramente grande. E Sixte-Quint è veramente tale.
Sta a noi, oggi, rispettare la sua grandezza.

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La tiara fu  posta sul capo di colui, il quale, a giudizio dei contemporanei e dei posteri, era il più degno di cingerla

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