CAPRI OTTI, "Opere nel tempo di guerra" nel primo anno di una guerra ingiusta ed assurda - Roma, Basilica di Santa Sofia. Dal 26 febbraio al 12 marzo 2023
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Le ultime sei composizioni pittoriche (acrilici del 2021) con cui si conclude questo contributo a Sisto Quinto, sono anche un indiretto omaggio a Pericle Fazzini, mio maestro ed ispiratore, e al suo monumento sistino, collocato a Montalto, in cui la silouette del Papa si staglia come sospeso nel cielo piceno, sullo sfondo del paesaggio collinare piceno. Sono ritratti aerei, leggeri, inconsistenti, trasparenti, surreali: sono fatti di aria, acqua, vento e luce stellare.
La esposizione si conclude con alcune raffigurazioni surreali del profilo di Sisto, trasformato in nuvola nel cielo piceno, che aleggia sul Monte dell’Ascensione o in alcuni “notturni” in cui la silouette di Sisto è immaginata come facente parte di una improbabile ma suggestiva costellazione stellare.
Sullo sfondo si intravedono strappate e consunte le rappresentazioni dei monumenti e delle imprese sistine, un velo acquoso copre l’opera, mentre da uno strappo a forma di cuore colano rivoli di sangue.
Sono tre tecniche miste (acrilico e collage, 55 x 55 cm) eseguite a settembre 2021, dopo alcune visite nella Cappella Sistina al monumento sepolcrale di Sisto Quinto nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Costituiscono una meditazione sulla morte (In Piceno natus: hic Sistus stat; hic Sistus dissolvit; Sistus fuit).
Sono tre tecniche miste (acrilico e collage, 55 x 55 cm) eseguite a settembre 2021, dopo alcune visite nella Cappella Sistina al monumento sepolcrale di Sisto Quinto nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Costituiscono una meditazione sulla morte (In Piceno natus: hic Sistus stat; hic Sistus dissolvit; Sistus fuit).
TRITTICO LUGUBRE Meditazione della consunzione
In Piceno natus. Hic Sistus stat
Il profilo di Papa Sisto defunto si staglia contro il monumentale catafalco realizzato dall’architetto Domenico Fontana per il funerale del Pontefice. E’ stata riprodotta un’antica stampa dell’epoca. Nel cielo svolazzano inquietanti stormi di leoncini antropomorfi.
Il collage ripropone il tema della radiografia del cranio sormontata dalla tiara papale, simile ad un lastricato di pietre (Tu es Petrus…) su cui svetta la stella a otto punte e si legge il motto “Servus servorum Dei”. In primo piano il collage rielabora il monumento bronzeo di Loreto, come se fosse una salma distesa nel proprio avello.
Il Papa, ha ultimato tutti i suoi grandi progetti per magnificare ed eternare Roma e il Vaticano, è assiso nella sua sedia gestatoria, solo ed isolato al centro di un campo di grano. Nel cielo fiammeggiante si alzano in volo uno stormo di inquietanti uccelli neri dalla testa di leoncini antropomorfi. Quasi una suggestione dei campi di grano con volo di corvi in stile Van Gogh: sicuramente un presagio della fine imminente.
Trascorsi poco più di vent’anni dalla morte di Michelangelo, il 19 gennaio 1587 Giacomo della Porta assistito da Domenico Fontana, ricevette da papa Sisto Quinto l’incarico di completare la cupola, riuscendo nell’impresa in meno di due anni.
Sono presentate tre terrecotte policrome eseguite nel 1990 e recentemente restaurate. Si tratta delle prime modellazioni in terracotta che segnarono l’inizio della mia attività di scultore. Ricordo con gratitudine e commozione i consigli di modellazione del compianto maestro e amico Giulio De Angelis che all’epoca seguiva il mio lavoro ed orientava le mie scelte. I ritratti, grotteschi e surreali, alternano sentimenti di volitività repressa e di rassegnazione. Il tempo trascorre e la barba muta colore.
Questa serie di dipinti eseguiti nel biennio 1988-90 ed esposti nella galleria romana Il Canovaccio/Studio del Canova, nell’ambito di una mia personale con presentazione critica di Berenice (Jolena Baldini) è stata rielaborata e restaurata nel 2021. Ho voluto intitolare questo insieme di dipinti “Polittico della Vanità”. Il gioco della policromia con i vari accoppiamenti dei colori primari, per la berretta e la mozzetta, unitamente all’alternarsi del paesaggio, ora agricolo ora marino, contrastano con la raffigurazione del personaggio colto nei vari stati d’animo che accompagnano la sua parabola esistenziale, fino alla senescenza e all’approssimarsi dell’ora della sua sera. L’insieme riecheggia una qualche suggestione della serialità, della pop-art di Andy Warhol nel presentare l’icona nelle varie tonalità cromatiche, ma la riproduzione è sempre figlia della “manovalanza”pittorica e non della riproduzione meccanografica. Nei tre dipinti di dimensioni maggiori, sono inseriti come collages, i progetti di Domenico Fontana per l’elevazione dell’obelisco vaticano (cruccio e delizia di Papa Sisto) nella variante in rosso e in giallo, ed una radiografia della scatola cranica con due leoncini antropomorfi in volo sulla testa del pontefice nella variante in blu: esplicito riferimento alla caducità della vita e una sorta di “Memento mori”.
Sisto V (Variante in rosso), acrilico/olio/collage 100 x 80 cm
Sisto V (Varante in giallo), Olio/acrilico/collage cm 100 x 80
Sisto V (Variante in blu), acrilico/olio/collage, cm.100x 80
Sei varianti policrome (acrilico/olio 35x35 cm)
In tutti e tre questi collage sono inseriti riproduzioni grafiche dei progetti di Domenico Fontana relativi al cantiere per l’innalzamento dell’obelisco vaticano, compaiono le pere e la stella sistina ed alcune inquietanti teste di leone antroporfo: una citazione delle due teste di leoncino che adornavano i braccioli della sedia papale di un antico ritratto di Sisto Quinto . Il gatto bianco presente nella variante “Felicemente Sisto” si chiamava Biancone, era cieco e sordo; visse di stenti ma libero, senza padrone, accudito da me e mia moglie a Ripatransone, fino alla sua scomparsa avvenuta nel settembre 2020. Requiescat in pace!
Tre quadri 40x40 cm eseguiti nel 2020 a ricordo della grande impresa del sollevamento dell’obelisco Vaticano
Nel primo quadro è raffigurato Domenico Fontana, l’architetto prediletto da Sisto, autore dell’impresa dell’innalzamento dell’obelisco Vaticano, con un grido che attraversa la composizione “Acqua alle corde!”, per ricordare gli eventi drammatici dell’impresa.
Nel quadro di centro un angelo sostiene l’obelisco. Compaiono anche delle teste di leone antropomorfe che svolazzano come pipistrelli con cipiglio severo e fronte aggrottata. Sono una citazione dei braccioli di uno storico ritratto di Sisto Quinto (vedi foto seguente)
Da questo storico ritratto caratterizzato dalla presenza di due leoncini dai i tratti caricaturali antropomorfi (verosimilmente il ritratto del donatore e dell’artista)che adornano i braccioli della sedia papale, ho preso ripetutamente spunto in numerosi dipinti,collages e tecniche miste.
Nel terzo riquadro Sisto Quinto soddisfatto osserva e valuta tutta la scena, mentre un plenilunio che rassomiglia al cranio della morte gli fa da sfondo, alle spalle. I collages derivano da riproduzioni di antiche stampe dell’epoca raffiguranti il cantiere dell’innalzamento dell’obelisco.
Nel collage policromo spuntano tra le pere due testine di leone antropomorfe, simili a vermi della marcescenza e alle spalle del pontefice il teschio, presagio di caducità imminente.
Il gatto di Sisto avanza con passo regale tra un cestino di pere, portando in equilibrio sulla testa i monti e la stella Sistina. Nel suo corpo è raffigurata una antica stampa dell’incoronazione del Papa, avvenuta il 24 aprile 1585. Come si nota la cupola michelangiolesca non era ancora ultimata. Ci penserà Sisto Quinto a completarla durante il suo pontificato, nel 1590, ultimo del suo breve ma intenso pontificato.
Il gatto di Sisto avanza con passo regale tra un cestino di pere, portando in equilibrio sulla testa i monti e la stella Sistina. Nel suo corpo è raffigurata una antica stampa dell’incoronazione del Papa, avvenuta il 24 aprile 1585. Come si nota la cupola michelangiolesca non era ancora ultimata. Ci penserà Sisto Quinto a completarla durante il suo pontificato, nel 1590, ultimo del suo breve ma intenso pontificato.
Il gatto di Sisto avanza con passo regale tra un cestino di pere, portando in equilibrio sulla testa i monti e la stella Sistina. Nel suo corpo è raffigurata una antica stampa dell’incoronazione del Papa, avvenuta il 24 aprile 1585. Come si nota la cupola michelangiolesca non era ancora ultimata. Ci penserà Sisto Quinto a completarla durante il suo pontificato, nel 1590, ultimo del suo breve ma intenso pontificato.
E’ un acquerello del 2010, eseguito a Ripatransone.
Il crinale dei colli sistini, il profilo del monte dell’Ascensione, i campi coltivati ed ordinati come un grande puzzle fanno da sfondo al sonno del gatto che dorme vicino a tre pere.
Tutti questi acquerelli e collage dall’aspetto più fantasioso e giocoso, eseguiti su carta povera (la carta per incartare il pane), sono stati realizzati nel 2009/10 e sono stati esposti in una personale alla Galleria “Angelica”di Roma, dal titolo “Gattitudine” nel 2010.
E’ un acquerello del 2010, eseguito a Ripatransone.
Il crinale dei colli sistini, il profilo del monte dell’Ascensione, i campi coltivati ed ordinati come un grande puzzle fanno da sfondo al sonno del gatto che dorme vicino a tre pere.
Tutti questi acquerelli e collage dall’aspetto più fantasioso e giocoso, eseguiti su carta povera (la carta per incartare il pane), sono stati realizzati nel 2009/10 e sono stati esposti in una personale alla Galleria “Angelica”di Roma, dal titolo “Gattitudine” nel 2010.
Acrilico su tavola 40x30cm, 2010.
Il Cardinal Montalto ed il suo gatto, sullo sfondo i colli piceni e la sagoma del Monte dell’Ascensione, come si vede da Ripatransone.
Cinque incisioni con tecnica dell’acquaforte del 2010. Il paesaggio del crinale sistino, alcuni aneddoti del Papa tosto, il gatto di Sisto e una passeggiata sui colli
Terracotta dell’anno 2000, con intarsi vitrei policromi inseriti nel contesto della creta e fusi durante il processo di cottura.
Piccola scultura di 35 cm di altezza circa, dalla modellazione aspra ed istintiva, con ampie ferite, graffi ed incisioni della superficie. Il corpo sembra un campo di battaglia.
Il Papa è alla fine della sua parabola terrena: appare stremato, reclina il capo, le lacrime scendono e scavano nel suo corpo una serie di calanchi e, alla fine del loro percorso, si raccolgono nel palmo delle mani dove alloggiano due candide colombe.
Terracotta del 2010 (h. cm. 30 ca.).
Il ritratto di Sisto è una sintesi ironica del suo stemma papale. In due nicchie scavate sui lati compare una natura morta con tre pere e sull’altro lato un gatto (che ha preso il posto del leone) che solleva la coda a guisa di pastorale. Sul retro i tre colli e la stella a otto punte di Sisto.
Vengono presentate cinque variazioni sul tema. La prima è una scultura in ferro e bende gessate degli anni novanta (h. cm. 50), la seconda una terracotta patinata del 2005 (h. cm. 70) . Un bronzetto dalla patina antracite del 2010 (h. cm. 50. I due bronzetti con patina dorata sono del 2020 (h. cm. 30 ca.) montati su due antichi candelabri .
Il tema dell’Angelo che sostiene la mole del l’obelisco è a me molto caro. Il riferimento storico-artistico ed emozionale è rappresentato dall’angelo di Ponte Sant’Angelo che sostiene la colonna della flagellazione di Cristo; è una statua in marmo considerata nell’ambito della scuola berniniana, ma in realtà opera originale di Antonio Raggi, detto il Lombardo, forse il più estroverso e creativo dei collaboratori del Bernini.
Il panneggio assume un ruolo di protagonista assoluto: è un panneggio gonfio di vento, quasi animato di vita autonoma, che sembra soffiare dal basso verso l’alto, quasi a sospingere verso l’alto l’obelisco, una specie di soccorso aereo e mistico allo sforzo dell’angelo. Mi ha sempre incuriosito e commosso questa relazione: il peso e la gravitazione dell’obelisco-colonna e il sospiro aereo del vento che li vince e lo innalza; la funzione dell’angelo è solo quella di stabilizzarne l’equilibrio, non certo di sollevarlo. Per questo occorre l’intervento della brezza, del soffio del vento che è uno dei nascondigli preferiti di Dio.
Tre terrecotte con intarsi musivi e vitrei - altezza cm. 60 ca.
IL POTERE
L’aspetto grifagno ed occhiuto del papa simboleggia il potere assoluto, stabile ed inamovibile. Il potere ammalia, acceca ed ammonisce gli astanti (attraverso il luccichio delle tessere da mosaico che rivestono la tiara ed il mantello) ma al tempo stesso protegge, isola e finisce per imprigionare il personaggio, che risulta come ingabbiato in una corazza pesante, una sorta di cappa dantesca. Il potere rende soli. La cosa peggiore per i potenti è che non possono fidarsi degli amici.
Nell’eseguire questo lavoro (1998) avevo in mente la dissacrante e visionaria sfilata di moda ecclesiastica del film di Federico Fellini “Roma”, con l’improvvisa epifania sfolgorante del Papa, ma anche i santi contadini di Carlo Crivelli, in particolare un San Pietro dal Polittico di S. Domenico in Camerino, attualmente conservato a Milano, nella Pinacoteca di Brera.
LA FEDE
Questa opera è stata eseguita in due tempi diversi: la testa nel 1998 fu esposta a Roma, nella Galleria La Pigna, insieme alla precedente scultura, in una personale dal titolo “Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi” ed il busto realizzato ed assemblato nel 2020 in previsione delle Celebrazioni Sistine. Il peso del potere fa vacillare il capo che si inclina di lato. Il papa ha un aspetto pensoso ed accorato. Il suo mantello, finemente decorato, reca le raffigurazioni dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, la loro chiamata e il loro martirio.
Sul retro l’effige dello stemma Sistino e l’iscrizione “Servus servorum Dei”. L’opera è una ceramica policroma smaltata con rivestimento musivo e intarsi di vetri colorati.
IL SOGNO
Opera del 2020. Terracotta a tre fuochi con tecnica del “Pit fire”, intarsi musivi, collage e bronzo per l’obelisco.
Il Sogno rappresenta il grande progetto di Sisto di rendere la Citta’ Eterna magnifica ed unica dal punto di vista architettonico ed artistico. Il suo rovello, il suo pensiero fisso, la sua ambizione visionaria è quella di innalzare l’obelisco del Circo di Nerone, testimone muto del martirio di San Pietro, al centro della piazza omonima. Il triregno si apre anteriormente e lascia intravedere il suo grande sogno: l’obelisco finalmente innalzato verso un firmamento stellato.
Sarà questa l’impresa, servendosi dell’opera di Domenico Fontana, il suo architetto favorito, per passare alla storia ed eternare Roma e il Vaticano.
Trattasi di tre sculture in ceramica bianca smaltata dell’altezza di circa 50 cm, risalenti al 2000.
Trattasi di due terrecotte “gemelle” per ispirazione e risultato estetico dell’altezza di circa 35 cm, datate alla fine degli anni 90.
Rappresentano una figura stilizzata, dinamica e per certi versi percorsa da un tormento interiore di natura ascetica. La forma è aperta e frastagliata, in un labirinto di pieghe sollevate da un misterioso vento barocco.
Terracotta policroma in cui il busto del personaggio è aperto e attraversato dal vento che scompone le fasce della mitra ed entra nelle pieghe (ferite?) della dalmatica. La mitra ospita un nido di uccellini che invocano disperatamente nutrimento dall’alto. Ogni becco spalancato è come una piccola mitra. Un pigolio incessante, come una invocazione insistita ed una preghiera di non essere lasciati soli.
Scultura aperta, in cui la forma si disvela quasi a mostrare la propria interiorità, anni ’90. (Ferro, bende gessate, cm 55)
Due terrecotte policrome (alt. cm. 30ca) con inserti vitrei degli anni novanta in cui la figura del vescovo è presentata nella prima versione seduto, in atteggiamento di preghiera, nell’altra in piedi. L’idea di immaginare la mitria del vescovo come un grande becco aperto verso l’alto, in attesa del nutrimento e del consiglio da parte della colomba dello Spirito, è insistente in queste opere. Anche il pastorale si presenta come un grande punto interrogativo rivolto al Cielo: “Dove devo andare? Quale la giusta direzione da intraprendere?”
Terracotta patinata, cm 60
Terracotta degli anni novanta in cui l’espressione del frate è ispirata e la terracotta una massa palpitante e fiammeggiante di sacro ardore.
Terracotta patinata, cm 50
Terracotta degli anni 90.
Raffigurazione misticheggiante con una modellazione pacata e morbida: la scultura si risolve in larghe falde sovrapposte di un panneggio immaginario. Il frate incappucciato è assorto in preghiera, ha tra le mani un libro di devozione, ma il suo sguardo è oltre; il conforto della meditazione lo placa e lo accarezza come le ali di una colomba
Terracotta con inserrti vitrei, cm. 50, 1977. Questa scultura appartiene al periodo delle cosiddette “forme aperte”, in cui la materia plasmata è “aperta”, scavata, indagata, quasi alla ricerca della verità di sangue in essa nascosta. La suggestione dell’opera è tra l’espressionismo e l’informale, sempre mantenendo un aggancio con una figurazione emozionata e palpitante. La figura del giovane frate ha uno slancio mistico. Due colombe in ceramica smaltata sono poste sul suo capo.
Nel marzo 2020, durante il primo lock down pandemico, quando ci affacciavamo dai balconi per cantare tutti insieme “Volare” e “Azzurro” e la stagione del delirio complottista, dello scetticismo antiscientifico e dell’aggressione ai giornalisti, medici e forze dell'ordine erano inimmaginabili, contattai il dr. Umberto Guerra, Coordinatore Generale delle Celebrazioni Sistine di Archeo Club d’Italia, per presentarmi ed esporre la mia iniziativa di una mostra Omaggio a Sisto Quinto.
L’idea fu favorevolmente accolta ed il progetto ampliato con la proposta di realizzare una mostra itinerante nei vari luoghi sistini, nel corso dell’anno 2022. (*)
Sono ovviamente molto grato ed onorato di questa accoglienza e dell’apprezzamento rivolto al mio lavoro.
Vedo e rivedo tutte queste opere per la prima volta raccolte in un’unica esposizione e rifletto su questo mio lungo itinerario artistico iniziato più di trent’anni fa e ruotato intorno alla suggestione di Papa Sisto. Sono meravigliato e piuttosto divertito di come, più o meno consapevolmente, sia ritornato nel corso degli anni su questo tema fino a realizzare una serie di lavori piuttosto nutrita e ricca per varietà di tecniche artistiche e suggestioni emotive. Durante le mie vacanze estive ho rivisitato i luoghi sistini più significativi delle Marche, ho rivisto i monumenti di Sisto a Grottammare, a Fermo, a Camerino, a Loreto e a Montalto. Nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, in quel meraviglioso scrigno d’arte e di spiritualità della Cappella Sistina, ho meditato davanti al monumento sepolcrale di Sisto e ho avuto l’idea di realizzare un “Trittico lugubre”. Ho cercato di rivedere le “reliquie anatomiche e il cuore” di Sisto Quinto conservati nella Chiesa dei S.S Vincenzo e Martino, dove sono conservati i resti organici dei visceri dopo l’imbalsamazione delle salme dei pontefici, davanti alla celeberrima Fontana di Trevi, ma non mi è stata concessa la visita. Lì ho avuto l’idea di realizzare “Consummatum est” e di concludere il mio pellegrinaggio sistino. Le ultime tele (gli acrilici delle nuvole e delle costellazioni sistine) concludono in maniera simbolica, surreale e poetica il mio Omaggio a Sisto.
Non nascondo l’intenzione di non disperdere l’unitarietà e l’originalità di queste opere ma esprimo il desiderio di lasciarle come testimonianza duratura in un luogo sistino, mantenendo l’integrità della intera collezione. Si tratterebbe pertanto di pensare alla opportunità di allestire una esposizione “permanente”, ospitata in un ambiente idoneo alla sua valorizzazione e conservazione, naturalmente dopo la sottoscrizione di un atto di donazione da parte dell’Autore e di impegno espositivo-conservativo da parte dell’Ente Culturale e/o Amministrativo che si dimostrasse favorevolmente disposto ad accoglierla.
Chissà…, se queste rose sono destinate a fiorire.
D’altra parte è proprio Sisto V° che ammonisce severamente: “I prudenti devono sempre far conto di morir presto e perciò fare al più tosto quello che devono”.
(*) POST SCRIPTUM
Nel frattempo, il “Sacro Fuoco” che da lungo tempo covava sotto le ceneri in attesa dell'Anno Sistino (13 dicembre 2021 - 2022), si riaccende e ravviva, grazie alle opere di Capri Otti che attraverso il suo Omaggio a Sisto Quinto celebra artisticamente l'epopea del grande pontefice, infiammando i cuori sistini dei suoi cultori e appassionati e il caleidoscopio di iniziative che Archeoclub d'Italia ha programmato a livello nazionale e internazionale per il suo cinquecentesimo compleanno.
Con tale pathos e la consapevole prudenza necessari a fronteggiare le incertezze e i rischi relativi all'attuale fase espansiva della pandemia Covid (logistica, riduzione degli spostamenti, ecc.), ma anche per dare una prima casa e una idonea sistemazione al lungo percorso artistico sistino di Luciano Capriotti, nasce la Mostra Virtuale Sistina di Capri Otti che sarà ospitata e implementata su questo sito web con vivo piacere e sino a quando Dio vorrà,.
Santu Lussurgiu, 22.11.2021
Umberto Guerra
Luciano Capriotti (Capri Otti)
Via di Vallelunga 7, 00166 Roma - 3480512515 - 066242962 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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Sculture di Capri Otti sono conservate nel:
Museo-Biblioteca Europea “Giuseppe Vedovato” nella Città di Greci (Avellino), sette bronzetti;
Museo di Arte Sacra di Serrapetrona (Macerata): “Attesa” ceramica con intarsi musivi;
Museo Guelfo di Fabriano, “Omaggio a Guelfo: la notte di San Lorenzo”, terracotta;
Comune di Crotone (Collezione Luigi Tallarico), una terracotta.
Museo dell’Abate, San Martino al Cimino (Vt): bronzetto di S. Martino col povero.
OPERE RECENTI
110 COLLODI ! IN MOSTRA I BRONZETTI DI CAPRI OTTI
38 bronzetti di Capri Otti | Pinocchio
Nell'ambito delle Celebrazioni del V Centenario della nascita di Felice Peretti / Sisto V (1521 - 2021-22) di Archeoclub d'Italia APS, Luciano Capriotti in arte CAPRI OTTI presenta il suo OMAGGIO A SISTO QUINTO >>
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OMAGGIO A SISTO QUINTO
Contributo e confronto di un artista contemporaneo
Il mio primo incontro con Sisto Quinto, al secolo Felice Peretti, risale all’età della mia infanzia e mi lega indissolubilmente al ricordo di mio nonno Fortunato e alle solide radici picene della mia famiglia. Mio nonno Fortunato, nato a Porchia, frazione di Montalto Marche (AP) nel 1893, a soli 16 anni il suo nome compare negli archivi di emigrazione di Ellis Island richiamato da un compaesano per lavorare nelle miniere di carbone del West Virginia, soldato di leva nella guerra di Tripolitania-Cirenaica dal 1914 al 1919, che gli valse in vecchiaia l’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto, si trasferì a Roma con la moglie e i figli negli anni 50, al seguito della grande immigrazione interna che contraddistinse gli anni del dopoguerra.
Era un muratore infaticabile ed esperto nella coltivazione degli orti e nell’arte di produrre vino cotto; anche un provetto giocatore di dama con cui trascorsi ore indimenticabili in tanti tornei e sfide casalinghe. Visse di sacrifici e di buonumore fino all’età di 101 anni!
“Adesso, si, mi sento proprio come un Papa Sisto!”, soleva dire con aria soddisfatta dopo il pranzo della domenica in compagnia dei suoi cari – beninteso non era un gran mangiatore, ma sapeva apprezzare la buona tavola nelle occasioni speciali, come chi è abituato giornalmente a pasti piuttosto frugali – ma dopo aver pronunciato questa frase, di solito dopo aver mangiato una mela come tradizionale conclusione di ogni suo pasto, non avrebbe assaggiato più neanche un boccone di qualsiasi altra leccornia, fosse stata anche la Regina Elisabetta in persona ad offrirgli una fetta di pudding (che poi è una specie di fistringo, ma meno buono!) “No, non insistete. Dopo la mela, basta!”
Si, ho sentito proprio da lui nominare Sisto Quinto per la prima volta e alla mia curiosità di bambino rispose un’altra volta: “Era un Papa delle parti nostre che ha fatto grandi cose ma i romani dicevano che era meglio avere un morto in casa che un marchigiano fuori della porta, perché pretendeva molte tasse”.
Quindi anche per colpa di Sisto Quinto la mia marchigianità genetica, rivelata fino al liceo dalla pronuncia aperta degli avverbi che finiscono per …ente (finalmènte, certamènte… ecc…ecc..), mi fece subire in diverse occasioni canzonature e spiritosaggini dai compagni che vantavano un pedigree di romanità più solido del mio. E così è nato il mio interesse per Sisto Quinto, la mia simpatia-antipatia per questo “Papa tosto” come lo definì il Belli in un memorabile sonetto.
Le opere presentate in questa mostra (dipinti, terrecotte, ceramiche, bronzetti, tecniche miste, acquerelli e collages) sono state per lo più realizzate a Roma, ma anche a Ripatransone, il cosiddetto Belvedere del Piceno, che ho eletto come “seconda patria” da più di dieci anni e considero un “luogo dell’anima”, dato che rappresenta in un certo qual modo un ritorno alle origini dei miei avi.
Apprendo da documentazioni storiche (recentemente confermate in una relazione della dr.ssa Donatella Donati Sarti, Presidente dell' Archeo Club di Ripatransone) che Papa Sisto non avrebbe nutrito nei confronti di Ripatransone un grande feeling (e sarebbe stato ricambiato dai Ripani con altrettanto tiepido sentimento) per avere privilegiato e favorito in maniera campanilistica la sua Montalto, oltre a Grottammare e Fermo, con ripercussioni amministrative e fiscali molto negative per Ripatransone.
Leggo inoltre in un articolo di don Vincenzo Catani, illustre studioso di Sisto Quinto, pubblicato nel recente volume “I doni di Sisto V alle terre del Piceno: un percorso nei musei sistini” Nardini, 2021) che in occasione di una delle tante visite a Montalto di Sisto Quinto fu preparato un sontuoso banchetto di benvenuto “con pane bianco di Porchia, capretti da Ascoli, uova e formaggi da Castignano, pesce fresco e arance da Grottammare, vino da Patrignone, zuccheri e spezie da Offida”. La mancanza di un contributo gastronomico da parte di Ripatransone mi sembra piuttosto eloquente (sic!)
Molte opere sono state ritrovate, rielaborate e restaurate (le più datate) ed altre aggiunte (le più recenti) appositamente per onorare il Cinquecentenario Sistino. Il percorso che ne deriva, mi rendo conto con una certa sorpresa, copre più di trent’anni della mia attività artistica e quindi, in un certo qual modo, rappresenta una piccola “antologica” del mio lavoro: dai dipinti degli anni ’90 (rielaborati recentemente in chiave “sistina”) alle terrecotte del duemila, fino ai bronzetti, alle tecniche miste e agli acrilici realizzati in occasione del Quinto Centenario.
L’ispirazione e l’emozione che le pervade sono un misto di ironia e di giocosità surreale nella rappresentazione dell’insigne personaggio: talora si è ricercato il tono scherzoso e quasi fumettistico nel rivisitare lo stemma di Sisto (le immancabili pere, la stella sistina, il leone che diventa un gatto più o meno sornione e politicamente scorretto, le inquietanti teste di leone antropomorfe prelevate dai braccioli di un famoso ritratto), tal’ altra si è approdati ad un clima più serio, talora tormentato ed esistenziale, una sorta di “Memento mori”. Insistente il sogno, il progetto visionario (estasi e tormento di Sisto Quinto!) dell’obelisco Vaticano finalmente “innalzato” al centro di piazza San Pietro, come un indice puntato in alto che ci ricorda il nostro mandato celeste.
La vita, la realtà che notoriamente ha sempre superato la fantasia, a pensarci su, si evolve e si risolve in un insieme di situazioni tragiche e comiche che si intrecciano e si rincorrono, con volubilità capricciosa. Ed allora ecco rappresentate, attraverso la metafora e la parabola di Sisto Quinto, l’ambizione, la ricerca del successo e del potere, la soddisfazione e i progetti utopici, l’apoteosi, la crisi, il pentimento ed il tormento, l’angoscia della morte e la speranza della fede, non solo del “papa tosto”, ma anche di tutti noi, protagonisti e vittime del quotidiano esistere. Spero che Sisto V, di cui apprezzo l’ironia e l’autoironia, ma soprattutto i suoi discendenti ed epigoni non abbiano ad offendersi e che nessuno lanci anatema nei confronti di chi ha trascorso non poche ore della sua vita artistica in compagnia di un personaggio tanto illustre.
Roma, novembre 2021