Napoli
Viene data l’autorizzazione agli agenti del Vicerè di poter inseguire i banditi nello Stato Pontificio fino ad un massimo di dieci miglia e portarli a Napoli, inoltre viene concessa la facoltà di poter entare in Chiese, Monasteri e Celle di religiosi per espletare tali catture.
Sisto è critico per l'atteggiamento di non intervento, contro gli insorti, del viceré per la questione di Gianvincenzo Starace . Costui, uomo ricco e vicino al potere spagnolo viene dilaniato a furor di popolo per problemi relativi alla mancanza di pane in città (1- 355 e 365). Il viceré recepisce i suggerimenti del pontefice facendo arrestare inizialmente sotto altri pretesti alcuni rivoltosi per poi agire alla luce del sole, sollecitato anche da richieste da parte del popolo. Il consigliere Ferrante Fornaro e l'avvocato fiscale Girolamo Olgignano presiedono alle sentenze giustiziandone trentasette e imprigionandone più di cento.
E per far vedere al pontefice che anche a Napoli il potere era detenuto saldamente, fa radere al suolo la casa dello speziale Giovan Leonardo Pisano, reo di aver sobillato coloro che si erano levati contro Starace.
Dopo la distruzione dell'edificio vien fatto spargere del sale, le travi di detta casa vengono bruciate in Piazza della Selleria e sullo spiazzo così creato il vicerè fa erigere una colonna di marmo con una lapide la cui iscrizione ne testimonia l'evento il tutto corredato da macabri reperti di coloro che erano stati giustiziati. (1-pag.366-367)
- Al Papa si presentano due nobili cittadini della città di Benevento che denunciano la promulgazione di un bando da parte del Vicerè di Napoli che vietava la vendita di mercanzie durante la Fiera di quella città. Sisto pretende dall’ Ossuna la revoca del bando, pena la scomunica. Il viceré inizialmente tergiversa, ma avuto dal suo agente a Roma, Ferdinando della Torre, assicurazioni sulla determinazione del Papa, revoca il bando ed è costretto a chiedere il perdono papale.
1586
Sisto rifiuta di inviare derrate di grano richiestogli dal Viceré di Napoli D. Pedro Telléz-Giròn y de la Cueva, noto come Pietro Giron, duca di Ossuna, giustificando la cosa con la gran penuria di questo prodotto. (1-pag.355-356)