Progetti di Sisto V per una crociata
Non deve quindi meravigliare che fra i grandi progetti di cui si occupò Sisto V dopo la sua elezione, vi fosse anche quello di una crociata contro i turchi. Quanto fosse diventata sfavorevole ad una tale impresa l'intiera posizione politica dell'Europa egli, che in questo campo era ancora un novizio, riuscì a comprenderlo solo a poco a poco. Dapprima vide un solo ostacolo: la condizione critica delle finanze pontificie. Se avessi il denaro necessario, disse al principio del suo pontificato, io inizierei una grande impresa contro gli infedeli. Ne parlò con tale entusiasmo, che alcuni credettero, che un bel giorno egli avrebbe seguito l'esempio di Pio II col mettersi personalmente a capo di una crociata, per trascinar seco in tal guisa gli altri principi cristiani. 1
Avendo il papa al principio del giugno 1585 esposto all'ambasciatore di Venezia, Priuli, la grandezza del minacciante pericolo turco, fece risaltare il suo intendimento, di dedicare la sua speciale attenzione a tale questione. Narrò allora di avere inviato un messo allo Scià di Persia, in quel tempo in guerra con la Turchia, e di avere in animo, di allearsi anche con i Tartari della Crimea. 2
Cesare Costa, arcivescovo di Capua, nominato il 22 giugno 1585 nunzio a Venezia, nel presentare le sue lettere credenziali tenne un discorso al doge, che oltrepassò in modo significante i limiti di un discorso ufficiale. « Se fosse concesso, così egli disse, al nostro Santo Padre manifestare a voi i suoi sentimenti, voi potreste riconoscere nelle sue parole, nel suo aspetto, e nei suoi gesti l'amore paterno, che l'unisce a voi, le sue ardenti brame per la grandezza, la prosperità e lo splendore della vostra repubblica. Egli vi ricolmerà sempre di prove della sua amicizia ed invocherà su voi le benedizioni del Cielo. Con il vivo rammarico e con la tenera ansia di un padre vi vede circondati da nemici potenti, pronto sempre alla vostra difesa. Contro le incursioni dei barbari, e contro gli attacchi degli infedeli egli aprirà a voi volentieri i tesori della Chiesa e sacrificherà le rendite della Santa Sede, anzi la stessa sua vita. Come contraccambio egli si attende da Vostra Serenità, l'amore figliale e lo zelo per la religione, che non deve essere misurato secondo le regole della prudenza di Stato, ma deve essere accettato con intendimento semplice e con sentimento di credente, poiché essa resta sempre la stessa, e né gli avvenimenti, né la volontà degli uomini potranno cambiarla. Alla sottomissione ubbidiente alla Santa Sede alla fedele osservanza dei principi dei canoni, deve l'illustre Repubblica, cominciata così piccola, la sua odierna grandezza, la sua potenza e la sua gloria. L'unione stretta con la Santa Sede, è per essa una malleveria del mantenimento della pace all'interno, e dell'importanza della sua stima in Italia ». 3
II doge espresse nella sua risposta con entusiasmo la sua gioia per i benevoli sentimenti del nuovo papa, i quali di fronte al contegno di Gregorio XIII erano riusciti tanto più sensibili. A questo scambio di sentimenti amichevoli, presto corrisposero anche i fatti e le concessioni del papa, che rallegrarono immensamente il governo veneziano. 4 Solo una cosa li colmò di angustia: il papa tornava sempre a parlare del pericolo turco. 5 Le sue espressioni a questo riguardo erano così impressionanti che in Venezia si temette, che l'ardente vegliardo, il quale era su la Sede di Pietro, fosse per esigere dalla Repubblica un'impresa contro il potente vicino di Oriente. La signoria perciò attendeva con una certa inquietudine l'esito dell'accoglienza che avrebbe in Roma la sua ambasceria inviata per l'ubbidienza. Essa fu composta in modo, che ne fecero parte gli uomini più importanti, di cui disponeva: l'antico ambasciatore Leonardo Donato, il dotto conoscitore di arte, Marcantonio Barbaro, Giacomo Foscarini e Marino Grimani. Filippo Pigafetta, che si trovava al loro seguito ha descritto minutamente la pompa, che spiegò la straordinaria Ambasciata. 6
L'atto di ubbidienza ebbe luogo in un concistoro pubblico tenuto nella sala regia. Il discorso, che pronunciò in questa circostanza il Nestore dei diplomatici Veneziani, Leonardo Donato, mosse il papa alle lacrime. 7 Egli promise alla repubblica tre decime, e le accordò un uditore alla Rota. 8 Dopo la solennità del 10 ottobre, gli inviati furono ricevuti ancora ripetutamente in udienza. Durante queste, oltre agli interessi italiani si parlò pure della questione turca. Con loro somma soddisfazione gli ambasciatori ebbero da Sisto l'espressa assicurazione, che egli non intendeva compromettere la « Serenissima Repubblica ». « Noi sappiamo, disse, che essa cerca di vivere in buon'armonia col sultano, perché non è in grado, di condurre da sola la guerra contro lui. Ora ci lascia in pace, perché ha da fare con i persiani. Utilizzate però il tempo, che esso vi lascia. Preparatevi in silenzio, attendete sin che noi siam pronti all'attacco. Sventuratamente gli altri principi attendono solo a soddisfare il loro orgoglio ed anche a peggio. Essi perderebbero volentieri un occhio, se potessero cavarli tutti e due ad un altro. Si ostacolano, reciprocamente nel fare del bene, e le loro ostilità vicendevoli vanno a vantaggio del comune nemico.
Perciò la signoria dissimuli, si freni, ci aiuti in segreto, ma attenda, finché gli altri principi abbiano attaccato battaglia contro i Turchi. Allora solo potrà essa prenderci parte. Era appunto questa la nostra opinione, quando noi eravamo cardinale, ma non ci si dette ascollo. Quindi noi consigliamo alla Signoria la prudenza. Troppo spesso naviganti veneziani commettono atti di violenza nel levante. In tali casi la Signoria, per dar soddisfazione ai turchi, doveva punire i colpevoli, ma non troppo severamente, così ad es., mai per causa dei Musulmani tagliar la testa ad un cristiano. Era questo pure il sentimento dei buoni vecchi senatori, che durante la nostra permanenza in Venezia abbiamo spesso inteso parlare a riguardo ».
Passando alle faccende d'Italia, il papa insistette su la necessità della concordia dei singoli Stati, che assicura la pace dell'Italia. Raccomandò sopratutto buona intesa con il granduca di Toscana. Pensava, che in generale i principi italiani dovrebbero essere fedeli gli uni agli altri, ma senza concludere alleanze o leghe.9 Si vede con quale prudenza Sisto V insistesse per un accordo degli Stati italiani, senza desiderare una troppo stretta alleanza fra di essi, da cui facilmente potrebbe essere sopraffatto il sovrano degli Stati della Chiesa.
Gli inviati veneziani per l'ubbidienza furono creati da Sisto cavalieri e muniti di privilegi. Essi poi furono soddisfatti ugualmente come il papa.10 II loro scopo principale, consolidar l'amicizia con il nuovo capo della Chiesa, fu da essi potuto raggiungere tanto più facilmente, in quanto Sisto per la sua posizione in Italia e in vista dell'ultrapotenza della Spagna, dava il massimo peso alle buone relazioni con la repubblica di S. Marco.11 Generosamente dimenticò il contegno ostile, che un giorno gli fu dimostrato in Venezia, quale inquisitore.12 Avendo in animo di mantenere dapertutto buone relazioni con i governi, in particolare con quelli di Italia, 13 non gli venne in mente di fare un'eccezione con Venezia. La sua intenzione era piuttosto, di stringersi strettamente allo Stato, che solo in Italia accanto a quello della Santa Sede aveva ancor mantenuto la sua piena indipendenza.
A ciò si aggiungeva un'altra ragione: come antico inquisitore Sisto V teneva dietro con particolare attenzione al pericolo del diffondersi in Italia delle innovazioni su la fede. Come egli per questo motivo aveva appoggiato le ambiziose aspirazioni del duca Carlo Emanuele di Savoia per la conquista di Saluzzo e di Ginevra, l'asilo di molti protestanti italiani, così pure vide nella repubblica di Venezia un baluardo contro il penetrare in Italia delle dottrine luterane. 14
In tali circostanze fu facile, all'ambasciatore ordinario della Repubblica di San Marco, Lorenzo Priuli, di conservare le migliori relazioni conla Santa Sede. Ma ancora di più, egli si conquistò la piena fiducia del nuovo papa. Questi aveva a tal punto obliato gli antichi dissapori, che Priuli deduceva i buoni sentimenti del papa dalla sua lunga dimora nel territorio della Repubblica. Durante questo tempo, così scriveva egli, (probabilmente trascrivendo le espressioni pontificie) Sisto V ha imparato a conoscere la grandezza della Repubblica, il suo esimio sistema di governo, la pietà dei suoi abitanti, la sua grande storia e la tradizionale amicizia con Roma. Da ciò è venuto, che forse nessun papa precedente abbia dato ai veneziani, in così breve tempo, tante prove di favore e di affetto, come Sisto V. Ripetutamente questi ha concesso più che non sia stato chiesto, e tutto con parole così benevoli e non ostante le opinioni opposte della maggioranza dei cardinali, cosicché chiaramente si riconosce quanto egli apprezzi Venezia.15
Come prova principale del favore, oltre il provvedimento dei vescovadi e delle abbazie, adduce Priuli sopra tutto il prudente accomodamento della questione col patriarca di Aquileia, che sotto Gregorio XIII aveva procurato tante difficoltà, e lo straordinario permesso, di comprendere i religiosi nelle decime del clero,16 che fu accordato in riguardo alla minaccia di Candia e Corfù per parte dei Turchi. Nella bolla con cui Venezia ricevette un particolare uditore nella Rota, si fa espressa menzione dei servigi che un giorno ha prestato la Repubblica come baluardo contro la mezzaluna.17 Le importanti concessioni politiche e finanziarie, che fece Sisto V ai veneziani 18 furono così grandi, che più volte Priuli si propose la domanda, cosa domanderebbe il papa in contraccambio dalla Repubblica. Egli trovò solo una cosa: un'impresa contro i turchi ma di ciò, così egli osserva nella sua relazione finale, per il momento non se ne parla, poiché il papa ha ripetutamele espresso, che in quanto a questo avrebbe il massimo riguardo alla situazione di Venezia, sapendo, che la Repubblica per i suoi possedimenti è esposta in maniera tutta speciale agli attacchi della Porta, e che pertanto non potrebbe esporsi come prima ed unica potenza ad una guerra con i turchi.19
II governo di Venezia da sua parte con uguale premura si studiava di dimostrarsi accondiscendente verso del papa. Fin dall'autunno 1585 i nepoti di Sisto V avevano avuto la nobiltà veneziana.20 Massima impressione fece su lui il buon contegno della Repubblica nella questione della lotta dei banditi che tanto aveva dato da fare al capo dello Stato pontifìcio. 21
Seguendo il consiglio di Priuli, anche gli ambasciatori successivi si dettero speciale premura di mantenere buone relazioni con la Santa Sede. Così in seguito Giovanni Gritti, che nell'aprile 1586 ricevette il posto di ambasciatore a Roma,22 e lo ritenne per tre anni. Egli dovette dare frequenti comunicazioni di favori e concessioni del papa.23 Ma anche la Repubblica si dimostrò riconoscente. Non appena essa ebbe sentore dell'intenzione del papa di comprare, come in Napoli, così pure in Venezia, un palazzo proprio per il nunzio, onde tener alto il prestigio della Sede Apostolica, Venezia acquistò dagli eredi del doge Andrea Gritti per 25.000 ducati, nel Campo Francesco della Vigna, il palazzo sinora tenuto in affitto dal nunzio di Venezia, e il 30 agosto 1586 lo donò al papa come segno di attaccamento e di devozione.24
Pur tuttavia di fronte alle tendenze cesaro-papiste dei veneziani il periodo di ambasceria del Gritti non potè passare del tutto sereno. Una volta, nella primavera 1587 sembrò che si dovesse venire ad un serio conflitto, per il preteso diritto della Signoria, di nominare l'abbate di San Cipriano a Murano. Riuscì però al sentimento pacifico del papa, di trovare un compromesso soddisfacente.25 Al desiderio della Signoria di mantenere il calendario Giuliano nei possessi di levante, Sisto V acconsentì tanto più facilmente, in quanto egli in modo inesplicabile misconosceva intieramente l'importanza e l'utilità del cambiamento introdotto dal suo predecessore.26 II nunzio, Girolamo Matteucci, arcivescovo di Ragusa nominato nel novembre 1587 in sostituzione di Costa 27 era una persona assolutamente accetta alla repubblica.28 Nell'aprile 1589 l'ambasceria in Roma fu nuovamente occupata da Alberto Badoer.29 Questo diplomatico sotto ogni rapporto superiore al suo predecessore, si acquistò tosto in sommo grado la fiducia del papa, come l'aveva goduta Priuli. A lui ed a Donato riuscì pure alla fine del 1589 di comporre in maniera soddisfacente il conflitto per il riconoscimento di Navarra da parte di Venezia, inasprito dalla inconsideratezza di Matteucci.30
Di maggior importanza fu per Venezia, che il papa avesse tenuto conto della particolare posizione della repubblica di fronte ai turchi, in un grado così alto come ancora nessuno dei suoi predecessori. Egli non spinse minimamente la repubblica ad una guerra contro i Turchi, sebbene, per il caso che avvenisse, avesse assicurato il suo abbondante soccorso. 31 Con ciò però il papa non aveva rinunciato ad una lotta contro gli infedeli. Quest'affare lo tenne sempre occupato. A tale scopo furono fatti a lui in scritto dei progetti speciali da diverse parti. 32
Mentre Sisto V dapprima pensava ad un'impresa contro Algeri, al che però Filippo II non dimostrava alcuna inclinazione, 33 nell'autunno 1585 fu avanzato un progetto sommamente ardito, dal battagliero re di Polonia, Stefano Báthory. Negli ultimi tempi stessi di Gregorio XIII le relazioni di questo sovrano verso la Turchia erano andate sempre più inasprendosi in seguito all'uccisione del suo scudiere Podlodowski, presso Adrianopoli. Báthory concepì il disegno, di approfittare dei disordini avvenuti in Russia dopo la morte di Iwan IV, per soggiogare questo regno, e poi attaccare i turchi con le forze polacco-russe riunite. L'importanza di questo grandioso progetto non fu compresa, né dal nunzio Bolognetti, né da Gregorio XIII.34 Da un uomo così intrapprendente come Sisto V il re di Polonia poteva attendersi, che fosse disposto al realizzamento di questo piano gigantesco intorno allo scioglimento della questione orientale. Virgilio Crescenzi, un nobile romano, che trovavasi al servizio di Báthory, informava, che Sisto in un colloquio con il cardinale Medici aveva discusso il piano di una lega antiturca e si era dichiarato pronto, qualora Báthory si mettesse a capo, di pagargli annualmente un milione di sovvenzione. Su ciò Báthory prese l'iniziativa. Al 15 ottobre 1585 inviò al cardinale Rusticucci segretario di Stato, trascritti tutti gli atti delle trattative corse negli ultimi anni di Gregorio XIII riguardo alla lega antiturca. 35
Alla fine del marzo 1586 Báthory inviò a Roma il suo fratello, il cardinale Andrea; questi doveva spiegare al papa il grandioso piano della sua spedizione a Costantinopoli attraverso Mosca, per poi colà cingere il capo di « una corona più che regale», e liberare definitivamente l'Europa dal pericolo turco. Le istruzioni che il cardinale ricevette in proposito furono tenute da lui intieramente segrete anche di fronte al suo compagno di viaggio, l'arcivescovo di Leopoli, Solikowski, che doveva prestare ubbidienza in nome della Polonia, ed anche con il cardinale Radziwill.36 Il cardinale Andrea giungeva in Roma il 2 giugno 1586.37 Indubbiamente in seguito ai suoi esposti il cardinale Azzolini scrisse il 24 giugno per incarico del papa a Bátbory, che il gesuita Antonio Possevino, il quale era consapevole dei progetti del re di Polonia, sarebbe ben accetto a Roma. Senza attendere il consenso del suo generale, quest'uomo ardente si mise tosto in viaggio verso Roma, dove giunse al principio del settembre 1586.38
Possevino descriveva la posizione della Polonia di fronte alla Russia come al sommo favorevole. In Russia ci sono molti, insofferenti di esser governati da un principe che è pazzo. Questi malcontenti si dimostrano disposti, ad aver per sovrano il re di Polonia. Concorreva non meno in favore dell'impresa polacca la somiglianza del linguaggio e dei costumi ed altre circostanze, prima fra esse, l'animo battagliero dell'intrepido Báthory. Così ci informa Giovanni Gritti.39
Sebbene su le trattative di Possevino con Sisto V, probabilmente condotte solo a voce, non esistano documenti, pure gli ultimi biografi del celebre gesuita credono di dover dedurre da un cumulo di altre testimonianze, che fu raggiunto un completo accordo sul gigantesco piano di una grande guerra da farsi da Báthory contro i turchi, alla quale doveva concorrere particolarmente la Persia, mentre però agli occhi del papa l'impresa contro Mosca passava al secondo posto. 40 Le espressioni di Sisto V dopo la morte di Báthory come l'aver tenute pronte importanti somme di denaro da parte sua 41 dimostrano che una tale conclusione dovette essere raggiunta.
Due motivi furono che determinarono Sisto V ad assicurare a Báthory il suo appoggio contro la Russia. Primo perché Báthory aveva descritto alla Curia la situazione in modo, come se si dessero solo due possibilità: o la Russia diventava una preda della Turchia, il che segnerebbe la rovina di Europa, o essa si polonizzava e il papa conveniva coi progetti del re di Polonia. Come secondo motivo si aggiungeva anche la speranza, di ottenere per questa via la sottomissione degli scismatici russi, cosa che sin'ora per via diplomatica non si era potuto ottenere. 42
Se non si sa di più, ciò dipende dal fatto che le trattative furono tenute sommamente segrete. Questo si vide anche quando al principio di dicembre, Possevino, fu rinviato a Báthory in compagnia di Annibale di Capua, arcivescovo di Napoli nunzio destinato in Polonia. Nella lettera ufficiale, che ricevette per il viaggio l'instancabile gesuita, ebbe dapprima l'incarico di trattare un accomodamento fra la Polonia e la Russia per le vertenze nel possesso dei territori di Smolensk, Nowgorod e Pskow, che Báthory nel caso estremo pensava di far suoi, anche con l'armi. Ma inoltre Possevino aveva anche l'incarico di promuovere la restaurazione cattolica in Livonia, e sopra tutto prendere a cuore l'interesse di quel Collegio di Gesuiti. 43
Possevino ed Annibale di Capua viaggiarono assieme da Roma a Venezia, donde il nunzio si recò a Vienna mentre Possevino per il Tirolo perveniva a Monaco. Su le alture del Brennero apprese egli la fulminante notizia che Stefano Báthory dopo breve malattia il 12 dicembre era morto non lasciando figli. Ad Innsbruck egli ebbe la conferma della notizia che poneva termine a tutti i vasti ed arditi disegni,44 il cui esito doveva significare un cambiamento universale nelle relazioni dell'Oriente.
Anche papa Sisto V fu profondamente scosso dall'inattesa morte di Báthory. In un concistoro del 7 gennaio 1587 egli parlò con le lacrime agli occhi della dolorosa perdita, lodò il coraggio, il valore, il sentimento cattolico del defunto, e fece rilevare l'immensurabile danno che dalla morte di quest'uomo di soli 54 anni ne veniva ai progetti per la guerra contro i turchi. « Noi avevamo riposto in lui grandi speranze ed inviatogli già del danaro per aiutare la sua impresa di muovere attraverso la Russia contro il sultano allo stesso tempo prestando mano ai Persiani ed ai Tartari. Noi attribuiamo tale colpo ai nostri peccati, però non ci perdiamo affatto di coraggio, avendo noi la promessa che Cristo non ci abbandonerà».45 Il papa poi onorò la memoria del cavalieresco monarca con solenni esequie nella Sistina. 46
NOTE (Rinumerate per l'impaginazione web).
1 Vedi PRIULI, Relazione 308s. Cfr. le * Lettere di Priuli del 30 novembre e 28 dicembre 1585, Archivio di Stato in Venezia; inoltre MUTINELLI I, 171s.
2 Vedi la * Lettera di Priuli del 1° giugno 1585. Archivio di Stato in Venezia. Su la missione in Persia, riguardo alla quale la risposta giunse appena nel 1589, v. CHARRIÈRE IV, 571. Cfr. pure REICHENBERGER I, 313 s. e ORBAN, Sixtine Rome 57.Anche col sovrano della Georgia furono iniziate trattative intorno ad una guerra contro i turchi: v. SERRANO, Arch. de la Embajada de España I, Roma 1915, 54
3 Vedi HÜBNER I, 409 s. Il * Breve di nomina di Costa, è in data 1585 giugno 22, nell'Arm. 44, t. 30, Archivio segreto pontificio.
4 Così la sospensione del diritto d'asilo ammessa per tre anni; v. il * Breve al doge in data 1585 settembre 20, originale nell' Archivio di Stato in Venezia,
5 Vedi la * Relazione di Priuli del 21 settembre 1585, Archivio di Stato in Venezia. * II Papa, così dice un'Avviso del 28 settembre 1585, ha tuttavia gran voglia di fare una lega di tutti principi cattolici contro tutti li diavoli terrestri. Urb. 1053, p. 424. Biblioteca Vaticana.
6 Vedi Descrizione della comitiva e pompa con cui ando' e fu ricevuta l'ambasceria dei Veneziani al p. Sisto V l'a. 1585 fatta da F. Pigafetta, gentilhuomo al seguito, p. p. GIOV. DA SCHIO, Padova 1854 (Pubblicaz. Nuziale). Intorno a Marcantonio Barbaro v. l'edizione di lusso di CH. YRIARTE: La vie d'un patricien de Venise au 16e siècle, Parigi 1884. Intorno all'ingresso dell' ambasciata d' obbedienza in Roma, vedi pure la * Relazione di C. Capilupi del 9 ottobre 1585, Archivio Gonzaga in Mantova.
7 Vedi * Acta consist. nell'Archivio concistoriale in Vaticano e la * Relazione di C. Capilupi del 12 ottobre 1585, Archivio Gonzaga in Mantova.
8 Vedi GUALTERIUS, * Ephemerides 49, Biblioteca Vittorio Emanuele In Roma.
9 Vedi HÜBNER I, 411 s.
10 Per mezzo d'un * Breve del 22 ottobre 1585 Sisto V ringraziò il doge, Pasquale Cicogna, per la prestazione d'obbedienza : Fuit nobis eorum adventus actioque ipsa longe iucundissima. Multa etiam apud nos privatim egerunt magna cum testificatione pietatis, prudentiae eximiarumque virtutum tuarum. Orig. Nell'Archivio di Stato in Venezia.
11 Vedi CHARRIÈRE IV, 402 ss. Cfr.BALZANIi, Sisto V, p. 36.
12 Cfr. su ciò la presente opera. Vol. VII, 506 s.
13 Cfr. PRIULI 317 s.; GRITTI 345 ; BROSCH I, 295. Intorno alle relazioni con il granduca di Toscana v. REUMONT, Toskana I, 327 s., 380. Cfr. HÜBNER li, 62 s.
14 Vedi BALZANI, Sisto V, p. 36 ss. Intorno a Saluzzo v. sopra p. 224, n. 3. Sisto V era già per se stesso favorevolmente disposto per i progetti del duca di Savoia contro Ginevra, quel maledetto nido d'heresia (v. Quellen zur schweiz. Gesch. XXI, 432 s.). Già nel maggio 1585 egli si dichiarò pronto a prendervi parte (v. RAULICH, Carlo Emanuele I, 244), e vi rimase fermo nonostante tutti gli sforzi in contrario della Francia; egli si fece indurre ad un piccolo ritardo, nel marzo 1586 (ibid. 256). Quando l'impresa divenne impossibile, egli si lamentò nel giugno 1586 del lento procedere di Filippo II (ibid. 275). Nel principio del 1589 il duca di Savoia tornò a progettare l' attacco contro Ginevra; invece il papa, che allora era del tutto occupato dalla pacificazione della Francia, ritenne ora l'impresa per inopportuna (v. ibid. Il, 59). Con una * Lettera dell'8 maggio 1589, egli fece presente insistentemente al duca il pericolo al quale si esponeva (Orig. nell'Archivio di Stato in Torino): con una * Lettera del 6 giugno, egli promise 100.000 scudi, se Ginevra venisse conquistata nell'anno corrente! (Ibid.) Nell'agosto 1589, il riguardo all'attacco di Filippo II contro l'Inghilterra, influì che il papa negasse il suo soccorso (RAULICH II, 70). Con Lettera del 12 ottobre 1589 Sisto V consigliò al duca prudenza « perché le cose fatte con poco conseglio tolgono l'honor, la roba et alle volte la vita » (Archivio di Stato in Torino). Il riguardo per la Francia, predominante tutto, condusse poi dal marzo 1590 Sisto V ad animare ancora una volta il duca all'impresa di Ginevra, per distoglierlo dalla Provenza. (V. RAULICH II, 138, 156).
15 Vedi PRIULI 319 s. Cfr. ibid. 324 s. intorno alla posizione dei cardinali verso Venezia
16 Vedi PRIULI 320. Cfr. CECCHETTI I, 340. L' accomodamento nella questione di Aquileia, che trovò Sisto V, fu tale, che non ne vennero lesi né gli interessi pontiflci, né i veneziani, né gli imperiali, né gli austriaci. Cfr. LE BRET, Venedig IV, 30.
17 Vedi I libri commemor. d. republ. di Venezia VII, Venezia 1907, 38 s.
18 La bolla su le decime, del 27 febbraio 1586, ibid. 39.
19 Vedi PRIULI 320 s.; cfr. 309.
20 Vedi il * Breve di ringraziamento al doge, in data 1585 nov. 13, Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia.
21 Vedi PRIULI 321. Cfr. sopra p. 59.
22 Nel suo * Breve del 24 aprile 1586 al doge Sisto V lodò L. Priuli ed espresse la sua persuasione, che G. Gritti si dimostrerebbe altrettanto abile. Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia.
23 Vedi GRITTI 344. Caratteristico per la predilezione di Sisto V per Venezia è il suo contegno di fronte alla questione del duca di Parma con la Repubblica per la navigazione nel mare Adriatico; cfr. la Relazione del Gritti del 20 dicembre 1586 presso BROSCH, Papst Julius II, 346.
24 Vedi Acta consist. 844, 847; DENGEL, Palazzo di Venezia 110 s.
25 Vedi GRITTI 344 ; inoltre Acta consist. 850 e TEMPESTI I, 674 s. Cfr. la * Lettera di Malegnani del 28 febbraio 1587, Archivio Gonzaga in Mantova.
26 Cardinal Santori nota al 16 luglio 1590: * Io intercedetti per Pera, Chios, Albania per l' uso dell' antico calendario. « S. S. se ne contentò, dicendo molto male del nuovo, et che tutti se possano servire del vecchio in quelle parti, come anco havrebbe concesso in queste, se ne fusse stato ricerco dall' Imp.re o da qualche re, et per questo così concesse in Candia ad instantia de' Venetiani, et che io li scriva, che S. S. ce lo concede ». Diarium audient. card. S. Severinae, Archivio segreto pontificio LII, 19.
27 Nel * Breve al doge, in data 1587 nov. 16, che comunica la nomina, è detto: lam dudum perspectam habemus praestantem fldem, prudentiam, integritatem ven.fratris Hieronymi archiep. Ragusini, cuius etiam opera gravissimis in rebus usi sumus. Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia. Ibid. * Breve al doge dell' 8 gennaio 1590 : Matteucci richiamato a Roma, al suo posto viene eletto nunzio ordinario Marcellus (Aquaviva) archiep. Hydruntinus; il * Breve di nomina per questi, dell'8 gennaio 1590, nell'Arm. 44, t. 29, Archivio segreto pontificio.
28 II 5 dicembre 1587 scrisse Sisto V al doge : * Gaudemus ita evenisse ut volebamus omne scilicet ex pacto (quod ex tuis litteris cognovimus) satisfactum esse nobilitati tuae in ven. fratre Caesare archiep. Capuano quo apud te nuncio usi sumum. Quae tibi reipublicaeque tuae sunt iucunda, nobis accidunt iucundissima.
Prudentiam tuam plurimi facimus, pietatem unice diligimus, tibi reipublicaeque tuae summa omnia a Domino precamur. Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia.
29 Vedi il * Breve al doge del 10 aprile 1589, Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia.
30 Cfr. sopra p. 246 s. Intorno ad un conflitto per i conventi in Venezia, v. la Relazione di Badoer del 17 maggio 1590 presso MUTINELLI I, 184 s.
31 Vedi GRITTI 346.
32 Solo pochi di questi lavori sono stati stampati; così G. PICCA, Oratione per la guerra contro Turchi a Sisto V P. M., Roma 1589, e S. AMMIRATO, Orazione al beat, et sant. padre et signor nostro Sisto Quinto intorno i preparamenti che havrebbono a farsi contra la potenza dei Turco, Firenze 1594. Degli ineditii io noto: Vat. 3614: lulii Castellani Faventini * Oratio ad Sixtum V de bello adversus Turcos gerendo: Vat. 5518 : Ant. Peregrini Lucens. * Oratio prò concordia ad principes christ. in Turcos, con dedica a Sisto V; Vat. 5521 : Agostino Quintio, vesc. di Corsola, * Discorso sopra una lega contro il Turco, e Amelio Marinata,
* Ragionamenti in proposito della lega contro infedeli, ambidue dedicati a Sisto V, Vat. 5535: Giov. Belippi, * Esortatione a principi christiani conira il Turco et al tri in lode di Sisto V. Biblioteca Vaticana.
33 Vedi HÜBNER I, 364 (cfr. II, 474 s.): PHILIPPSON, Granvella 449.
34 Vedi BORATYNSKY, ST. Batory 330 s.
35 Vedi PIERLING II. 287; KARTUNNEN, Possevino 219.
36 Vedi PIERLING, Le St. Siège, la Pologne et Moscou 160 s. ; KOLBERG, Beiträge zur Gesch. des Kard. A. Báthory 24.
37 Vedi ibid. Il breve pontiticio di ringraziamento per la prestazione d'obbedienza presso THEINER Mon. Pol. IlI, 2. Radziwill ricevette il 4 luglio 1586 il cappello rosso ; v. Acta consist. 846.
38 Vedi PIERLING II, 295 s.; KARTTUNEN, Possevino 221 s.
39 Vedi HASSENCAMP, Sixtus' V poln. Politik, 52 s. Cfr. PIERLING II, 302 s.
40 Vedi PIERLING lI, 307 s.; KARTTUNEN, Possevino 222 s. SANTORI, al quale Sisto V raccontò il suo progetto, di combattere con Báthory e la Persia i Turchi, disgraziatamente non ne ha annotato altri particolari; v. Autobiografia XIII, 186. Importante è la descrizione pubblicata da REICHENBERGER (I, 351, n. 1) nella * Vita Sixti ips. mami emend. Archivio segreto pontificio.
41 Vedi HASSENCAMP 53. Cfr. PIERLING II, 312 ; v. anche REICHENBERGER I, 351, n. 1.
42 Vedi ÜBERSBERGER, Oesterreich und Russland I Vienna 1906, 502.
43 Vedi SCHWEIZER, Possevino, nella Rom. Quartalschr. XXIII. 173 s. Ai Brevi qui citati è d' aggiungere ancora, per la missione di Annibale di Gapua, la lettera a Báthory del 15 novembre 1586, presso THEINER, Mon. Pol. IlI, 3 s. Al doge furono indirizzati due brevi; il * primo del 15 novembre 1586, annunziava l'arrivo d'Annibale (Orig. nell'Archivio di Stato in Venezia, Bolle), il secondo riguarda Possevino ed è presso SCHWEIZER loc. cit. 186 stampato dietro la minuta dell'Archivio segreto pontificio; la data, 25 nov. è errata ; l'originale nell'Archivio di Stato in Venezia è chiaramente datata col 20 novembre. Ad Annibale di Capua, la sua nomina a nunzio, era già stata comunicata il 6 settembre 1586 ; v. BIAUDET Nonciat. 299.
44 Vedi KARTTUNEN, Possevino 223. Intorno alla morte di Bàthory v. PIERLING II, 314 s.
45 Vedi Acta consist. 848 ; GRITTI presso PIERLING II, 315 s. Cfr. REICHENBERGER I, 359, n. 3.
46 12 gennaio 1587; v. * Diaríum P. Alaleonis, Barb. 2814, p. 294, Biblioteca Vaticana. Cfr. * Avviso del 14 gennaio 1587, Urb. 1054, p.11b ibid.