Iconografia di Sisto V nella pittura: tre ritratti inediti - Medaglietta con profilo di Sisto V, Senigallia (Collezione privata)
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Titolo: Medaglietta con profilo di Sisto V
Collocazione: Senigallia, Collezione privata
Autore:
Tecnica: olio su rame
Dimensioni: mm. 78 x 60
Periodo:
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Descrizione: Il testo che segue è tratto da: Erina Russo DE CARO, Iconografia di Sisto V nella pittura: tre ritratti inediti, in AA.VV., Le Arti nelle Marche al tempo di Sisto V, Ed. CARISAP, 1992, pp. 22 - 29.
Un terzo ritratto, di forma ovale e di piccolissime dimensioni, è di proprietà di Antonio Monti ed è stato trovato dalla dott.ssa Benedetta Montevecchi. La famiglia Monti è di antica origine marchigiana e proviene da Ostra Vetere, un tempo Montenovo, in provincia di Ancona. Poi la famiglia si è trasferita e ora la miniatura è conservata a Senigallia.
11 tondo è un olio su rame di mm 78x60, con i bordi non perfettamente ritagliati e comice recente. E di buona fattura. Rappresenta il Papa con una espressione assorta e lo sguardo più dolce che in altri ritratti. Nella famiglia proprietaria si tramanda la tradizione che la miniatura sia appartenuta a un frate minore Cappuccino, un Monti, noto predicatore dell'epoca sistina o immediatamente dopo. Il frate dovrebbe essere sepolto a Roma. Che la miniatura rappresentante il volto di Papa Peretti sia stata in possesso di un minore Cappuccino è senz'altro verosimile. Doveva avere un fine devozionale e presumibilmente doveva essere racchiusa in una sottile cornice con appiccagnolo e doveva servire per la corona francescana appesa al cingolo9. Questo era usuale nell'ambiente cappuccino. Ricordiamo un oggetto simile, una medaglietta di metallo di mm. 18x23 ritrovata qualche anno addietro, che al dritto raffigura Sisto V visto di profilo e adomo di piviale10, nel rovescio San Francesco d'Assisi in ginocchio, in mezzo a un paesaggio toscano (sicuramente la Verna), con una croce a cinque raggi diretti sul Santo (quindi San Francesco che riceve le stimmate). Particolare importante: San Francesco indossa il cappuccio appuntito, secondo la foggia dei Cappuccini. Anche questo oggetto devozionale non solo nei confronti del Santo di Assisi ma anche verso il Papa francescano Sisto V serviva per il rosario appeso al cingolo.
Perché questa particolare devozione dei Cappuccini per Sisto V? Diciamo subito che quando si pensa ai Cappuccini si pensa per associazione d'idee alle Marche. E Sisto V era marchigiano.
I Cappuccini venivano dall'ideale eremitico di Paoluccio Trinci da Foligno che nel 1368, ritiratosi nell'eremo di Brogliano (tra Foligno e Camerino), fondò quella che divenne una delle più gloriose famiglie francescane: l'Osservanza11. Da questa si distaccarono nel 1525 Matteo da Bascio e altri confratelli, e con l'aiuto di Caterina Cybo, duchessa di Camerino, e di Vittoria Colonna fondarono la famiglia dei minori Cappuccini.
Clemente VII (1523-1534) approvò la loro regola nel 1529 e diede loro il titolo canonico di "Frati Minori della vita eremitica". I Cappuccini si distinsero per la loro grande carità: soccorrevano gli appestati, erano sempre in mezzo ai più poveri, lasciavano le loro umili dimore e scendevano nelle piazze, tra la gente, contrapponevano all'oratoria rinascimentale la semplicità della loro parola. Furono accanto agli ammalati, sopportarono persecuzioni, stavano con i più deboli. Fiorirono e si diffusero soprattutto nelle Marche, per poi spandersi in tutto il mondo.
Sisto V, marchigiano autentico da generazioni e generazioni12, aveva seguito, lui francescano, questa nuova famiglia del suo Ordine, che si affermava prima di tutto nella sua terra. Apprezzava in particolare che i teologi della famiglia dei Cappuccini si rifacessero in linea di massima alla dottrina di San Bonaventura, il suo autore prediletto13. Stare accanto ai più poveri, praticare la questua, accudire gli infermi, inoltre, non era altro che l'interpretazione esatta di uno dei principali programmi sistini: combattere la povertà e soccorrere i bisognosi. Non per niente nella cappella o chiesetta del famoso Ospedale dei Mendicanti a Roma a Ponte Sisto il pontefice volle che il San Francesco che riceve le stimmate dipinto da Gaspare Celio fosse chiaramente vestito da Cappuccino. Nel quadro, lo stesso Sisto V, soddisfatto, prega ai piedi del Serafico Padre14.
Una profonda amicizia e stima reciproca univano Sisto V e Felice da Cantalice. Il minore Cappuccino per quarantanni questuò per le strade di Roma e morì da santo nel pieno del pontificato sistino, la domenica di Pentecoste del 1587. Molti anni prima Felice da Cantalice aveva predetto all'umile frate minore conventuale fra Felice Peretti il pontificato. Ma gli predisse probabilmente anche la brevità del suo regno: non si spiegherebbero altrimenti l'angoscia e la fretta di Sisto V, sempre in lotta con il tempo, preoccupato di terminare le opere intraprese e, soprattutto, non si spiega la malinconia che si legge nello sguardo del pontefice nei ritratti coevi e postumi.
Ritornando alla miniatura Monti, possiamo fare queste considerazioni: dopo le ricerche fatte, ci risultano diversi frati Cappuccini originari di Montenovo (Ancona). Alcuni li abbiamo scartati, poiché le date non coincidono con il tondo sistino (troppo tarde o troppo in anticipo rispetto al pontificato di Papa Peretti); altri hanno un nome e un cognome non rispondenti alla famiglia che possiede la miniatura. Per esclusione, ci sono rimasti due frati minori Cappuccini. Il primo è Giuliano da Montenovo, sacerdote, predicatore. Prima di entrare nell'Ordine il suo nome era Bernardino Monti. Nato nel 1621, vestì l'abito religioso il 2 febbraio 1646, trascorse il noviziato a Palanzana, morì il 1° ottobre 1669 a Viterbo, ove è sepolto15.
Anche il secondo si chiama Giuliano da Ostra Vetere, sacerdote, predicatore. Morì a Roma, ove è sepolto, l'11 dicembre 1644. Non conosciamo il suo nome secolare (ciò rientra nell'uso dei Cappuccini: quando si facevano frati, abbandonavano tutto, anche il nome). Di questo Giuliano manca anche la data di nascita16.
Quale dei due Giuliano - da Ostra Vetere o Montenovo - fu il possessore della miniatura raffigurante Sisto V? Difficile rispondere. Solo uno studio più approfondito sull'oggetto potrà dare una risposta sicura.
Ritornando agli elementi più caratteristici dell'iconografia sistina, possiamo ancora osservare come compaiono nei ritratti sistini i due elementi-simboli dello stemma del pontefice, i tre monti e la stella. Sono presenti come decorazione sui braccioli del trono e questo ci rimanda all'interessante ritratto di Papa Peretti ai Santi Apostoli, o all'altro nel Convento di Sant'Isidoro a Roma.
Baldo Catani ci viene ancora una volta in aiuto e nella descrizione del catafalco, a proposito dei tre monti, così riferisce: "Alla Magnificenza veniva appropriato un alto Monte esprimente la grandezza, e la sublimità de' pensieri, e dell'opera di Sisto: e perché.. .dipendevano da Dio... vi si leggeva quel sentimento del Salmo 67 'Et Deo Et Pinguis'". Il salmo ricorda la grandezza di Dio.
Per il trimonzio Sisto V si ispirò anche all'antico stemma della città di Montalto, che è documentato almeno dal Quattrocento17. Per la stella, ci riferiamo ancora al Catani: "...e però [erano] scolpite queste parole: In via Pervia alla sicurezza corrispondeva una stella...". La stella sistina è la Madonna, sotto la cui protezione Sisto, francescano, si era posto. Senza lo splendore particolare di quella luce non avrebbe potuto mai camminare sicuro, non avrebbe potuto fare quello che ha fatto in un così breve spazio di tempo. La stella gli ha donato la luce della fede con la quale si fanno miracoli, si abbattono ostacoli grandi come montagne e si riduce il tempo a un'invenzione dell'uomo.
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