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SISTO V E LA DIOCESI DI MONTALTO - IL PRIMO VESCOVO E IL PRESIDATO (Cap. IV)*

Indice articoli

Se la nomina del primo vescovo di Loreto, nella persona dell'uditore di Rota, Francesco Cantucci, precede, logicamente, la provvisione per Montalto6, sostituito, però, subito dal canonico di S. Pietro, il romano Rutilio Benzoni7, il 10 dicembre San Severino ebbe il proprio, il vicentino, dottore in diritto, Orazio Marzari, giudice di Borgo8; mentre per Tolentino, unita aeque principaliter a Macerata, ne prese il governo il già operante presule, il milanese Galeazze Morene, nipote del famoso cardinale Giovanni Girolamo Morone (1509 - 1580)9.

Nato, appunto, a Porchia, mons. Giovannini, «ex honestis parentibus ac legitimo matrimonio coniunctis», nel 1522, circa10— quindi, della stessa età, o con poca differenza, del suo grande benefattore, venuto al mondo il 13 dicembre 152111 — da Luca e Pomponia Jotti12, membro di una famiglia cospicua per censo e beni di fortuna, piantatasi anche fuori13 , conforme ad altri congiunti, Paolo Emilio ricevette un'educazione sana, improntata ai più solidi principi cristiani e un patrimonio culturale cospicuo, che si arricchirà non poco nel corso degli anni14 .

Un fratello, anch'egli sacerdote, diverrà canonico del capitolo collegiale prima, cattedrale, dopo, di Montalto, come si è visto.
Gli studi superiori Paolo Emilio li compì prima a Perugia, ove fu per due anni (1548 -1549), uditore di filosofia e di medicina, e dopo a Macerata, nella cui università conseguì il dottorato, anche in diritto canonico15 . Ivi insegnò anche filosofia. Ordinato sacerdote — se ne ignora l'anno — mercé i contatti avuti in questi anni di studio e di insegnamento, riuscì porsi al servizio di alte personalità della Curia romana. Per cui, il 18 maggio 1554, seguì, in qualità di segretario16 , in Francia, il nuovo nunzio apostolico, in sostituzione di Prospero Santo Croce, Sebastiano Gualterio, vescovo di Viterbo, già conclavista di Alessandro Farnese17 . Nominativo, che può, in qualche modo, aprire la via ad individuare il filone, che portò il Giovannini al fianco del Gualterio: abate commendatario dell'abbazia di Farfa, da cui dipendeva il Presidiato, che aveva come cittadino anche il nostro soggetto, al cardinale facevano capo interessi e aspirazioni dei sudditi. Giunta la comitiva a Parigi il 22 giugno, ricevuta dal re, Enrico II, il 28, vi rimase sino all'ottobre 1556, quando il nunzio dovè partire, in seguito al breve di richiamo del settembre. Nella mansione coperta, il Giovannini si trovò nella condizione di interessarsi dei vari problemi e aiutare il nunzio nel difficile compito affidatogli dal papa, consistente, in primo luogo, nel raccomandare la pace con Carlo V e nella mediazione nella controversia di Siena, assalita da Cosimo de Medici, d'intesa segreta con l'imperatore, mentre la repubblica aveva truppe ausiliari francesi18 .

Di ritorno a Roma, seguirono, per il Giovannini, altre missioni diplomatiche. Il card. d'Aragona riferì, in continuazione alla menzionata notizia: «cum desino [sic Clusin.] in Belgiam, in Hispaniam, Avenionem et Tridentum»19 . Il nunzio in parola è Salvatore Pacini, vescovo appunto, di Chiusi, provincia di Siena20 . Stando al primo posto il Belgio, la missione ivi si svolse prima del marzo 1559, come si vedrà subito. Siccome la nunziatura del Belgio — detta, con precisione, delle Fiandre — fu inaugurata l'il febbraio 1577, quando Gregorio XIII inviò a don Juan d'Asburgo, mons. Filippo Sega, vescovo di Ripatransone21, con tutte le attribuzioni di nunzio permanente22 , la missione del Pacini va vista non come nunziatura, ma in qualità di legazione, o compito particolare, conforme all'uso vigente. Ignorandone uno specifico, da collocarsi, doverosamente, tra la fine del 1556 e il marzo 1559, cioè nel ristretto spazio di poco più di due anni, vien fatto di pensare alla sua inclusione nella nota legazione del card. Carlo Carata, cardinal nepote di Paolo IV, a Bruxelles, presso Filippo II: partita, la comitiva, da Roma il 22 ottobre 1557, giunta nella capitale belga il 12 dicembre, riprese la via del ritorno il 25 marzo seguente 1558. È facile che, accanto al consigliere, p. Alfonso Salmeron, S. I., e al confratello Pietro de Ribadeneira, nonché al nunzio svizzero Ottaviano Raverta23 , sia stato aggregato anche il Pacini, governatore di Roma e non ancora vescovo; il quale, a sua volta, siasi posto a fianco consigliere, o segretario, il Giovannini, avvicinato facilmente nella sua luogotenenza di Ancona, espletata al posto del governatore, appunto, il Carafa24.

Certo si è, che aveva appena lasciato il governo di Roma, nel febbraio 1559, e non ancora, per lo meno, immedesimatosi dell'obbligo pastorale, che il Pacini, nel marzo fu inviato da Paolo IV nunzio in Spagna, alla corte di Filippo II, con l'istruzione di tutelare la libertà ecclesiastica, contro le usurpazioni del potere regio e di sostenere, con tutte le forze, l'Inquisizione, in quegli anni particolarmente attiva nella nazione25. Accompagnando il nunzio, il Giovannini entrò, con maggiore cognizione di causa, in delicati ed anche molto tesi problemi, allora pendenti tra lo Stato e la S. Sede. Richiamato dalla Spagna, nel marzo dell'anno seguente26, nuovo sommo pontefice Pio IV, è facile che, invece di portarsi senz'altro a Roma, il Pacini sia stato ora inviato direttamente ad Avignone; o anche se abbia messo piede nell'Urbe, la missione quivi, accompagnato dal Giovannini, va circoscritta nei due anni che intercorrono sino ai primi del 1563. Il 26 febbraio, infatti, si attesta che il Pacini siasi portato a Trento, per prendere parte ai lavori delle assisi conciliari27.

Fu l'occasione, per il Giovannini, di assistere al dibattito intenso che si svolgeva per preparare la ventitreesima sessione, celebrata il 15 luglio, concentratasi sui decreti riguardanti la «vera et catholica doctrina de sacramento ordinis, ad condemnandos errores nostri temporis»; e sul «de reformatione», diciotto capitoli, riguardanti il dovere della residenza, l'obbligo di ricevere gli ordini sacri per tutti i prelati, compresi i cardinali, e poi precise prescrizioni sul conferimento dei medesimi ordini; chiudendosi, alla fine, con le disposizioni circa l'educazione dei candidati all'altare28.

Fu l'occasione, fortuita, o preparata d'intesa con Roma, come sembra più probabile, per il Giovannini, di aggregarsi alla di gran lunga più impegnativa missione diplomatica, che il nuovo nunzio, «l'energico e avveduto» mons. Giovanni Francesco Commendone, vescovo titolare di Cefalonia, si accingeva a compiere in Polonia: «cum cardinali Commendono in Poloniam maiorum negotiorum particeps, profectus est», comunicò il cardinale d'Aragona ai suoi colleghi, a proposito della nomina vescovile del nostro soggetto29. Già a Trento nei primi tempi dello stesso anno 156330, il nuovo nunzio si trovò nella condizione di avvicinare, per lo spazio di diversi mesi, sia il Pacini che il Giovannini. Presentategli, quest'ultimo, dal suo superiore, con i migliori requisiti, ed avuto modo di sperimentarlo direttamente, ne venne la decisione di giovarsene anch'egli, dell'esperienza acquisita e della preparazione accumulata. Mentre Antonio Maria Graziani continuò a fungere da fedele segretario del Commendone, Paolo Emilio Giovannini e Federico Pendasio gli furono a fianco in qualità di «dotti uomini», cioè consiglieri ed elementi illuminanti nella difficile missione diplomatica31. Partiti da Venezia il 16 ottobre,32 giunti a Cracovia il 21 novembre, rimasero in Polonia sino alla fine del 1565. Vi trovarono l'episcopato disunito, minaccia di convocazione di un concilio nazionale, il re Sigismondo Augusto impaziente di separarsi dalla moglie, Caterina d'Austria, il primate Giacomo Uchanski, arcivescovo di Gnesen, fortemente sospettato di deviazionismo in materia disciplinare e liturgica, la vita religiosa fortemente scossa, con tutte le ben immaginabili conseguenze. A fianco, sempre, del Commendone, posto periodicamente al corrente delle vaste idee e progetti del primate33, e in stretto collegamento con il santo, dotto e famoso cardinale Stanislao Hosio, vescovo di Varmia e dopo Penitenziere maggiore a Roma (1579)34, il Giovannini prestò la sua opera nella sensibile ripresa registrata nella nazione alla fine della missione. Se si era reso utile, sebbene nascosto all'ombra del capo e poco o nulla risuonante al di fuori, come non di rado in compiti del genere, tornava in Italia ricco di conoscenze e di esperienze non indifferenti, spazianti su buona parte dell'Europa e su di una vasta gamma di problemi, toccanti tutti i campi della vita della Chiesa.

Il periodo che segue, ventun'anni, sino all'ascesa alla cattedra episcopale della sua patria, è il meno fornito di notizie circa l'attività svolta dal Giovannini. Si è debitori al card. d'Aragona di aver anche ora, in qualche modo, empito il vuoto: «Canonicatum Ravennae consecutus — vi si legge — aliquot in illa urbe annos resedit ac Sinodo interfuit, a qua esse inter examinatores relatus est. Cesenae episcopi vicarius fuit»35. Campo di attività, quindi, restano le Romagne e, in ordine di tempo, prima Ravenna e poi Cesena. Sapendolo nel capoluogo nel 1571, come vedremo subito, è indispensabile indietreggiarne l'arrivo. Ci si domanda, come mai, il Giovannini, siasi stabilito in tale regione italiana, finita l'attività diplomatica. La spiegazione va ricercata nel titolare della legazione di Romagna: nel 1560 Pio IV aveva nominato legato il nipote, card. segretario di Stato, Carlo Borromeo; il quale, trattenuto a Roma, fece governare la città e provincia dal vice legato Ranucci di Sabina, prima, da mons. Pacini, vescovo di Chiusi, dopo. Finita la legazione del Borromeo, con la morte di Pio IV — 9 dicembre 1565 — anche l'opera del Pacini si sarà chiusa allora36. Conoscendo gli stretti rapporti intercorsi tra questi e il Giovannini, è facile che, appena fatto ritorno dalla Polonia, in sulla fine dell'anno o nei primi del seguente, egli sia stato chiamato a Ravenna e fatto canonico del capitolo metropolitano37. Affermandovisi che lo «fu pei suoi meriti»38, si riesce ad intravedere la motivazione presentata. Non si trattava, certo, di piccola cosa far entrare in un capitolo metropolitano di una città e diocesi tanto illustre, un extradiocesano. Che il Giovannini abbia preso parte ai lavori del Sinodo diocesano, indetto dal card. Giulio Feltrio della Rovere, amministratore apostolico39, nel 1571, i cui decreti furono editi a Pesaro nello stesso anno, lo si ricava dall'elenco dei partecipanti, tra cui è annoverato: «Paulus Emilius Joanninus»40. Va tenuto, altresì, presente, che il della Rovere il 13 luglio 1547, a pochi giorni dalla creazione cardinalizia, il 27, era stato nominato legato di Perugia41, cioè proprio nel tempo della permanenza ivi del Giovannini. Lui vivente, lo storico di Ravenna, Girolamo Rossi, nell'annoverarlo tra i padri sinodali, in qualità di esperto, lo classifica «philosophus et iurisconsultus»42; altrove parla di alcuni che «substituunt Paulum Emilium Joanninum, canonicum olim Ravennatem, doctrina et prudentia insignem»43. Certo si è che, anche in seguito, storici di Ravenna si premurano di parlarne con una certa distinzione, segno evidente di un ruolo cospicuo coperto nella vita ecclesiale della città44.

Sul vicariato generale della diocesi di Cesena, negli ultimi anni antecedenti all'episcopato, mancano precisazioni di sorta. Era vescovo mons. Adardo, o Odoardo, Galandi, già chierico di Pisa, che resse la diocesi di Cesena per trentun'anni, dal 7 dicembre 1557, sino al 1588, quando rinunziò. Aveva, più o meno, gli stessi anni del Giovannini, era originario di Viterbo, come i due predecessori, suoi congiunti, ed era stato studente in diritto a Perugia45. Tenendo presente questo, il nuovo compito affidato al Giovannini a Cesena sarà stato frutto sia dell'amicizia contratta nella comune frequenza universitaria nella città umbra che, soprattutto, dall'essere la diocesi di Cesena suffraganea di Ravenna46 e a continuo contatto tra di loro, come si riscontrò nella partecipazione di delegati al menzionato sinodo del 1571. Vi si trovava a Cesena, quando Sisto V «pensò di ritirare nella sua patria un soggetto di tal merito e volendo premiare con apostolica munificenza la di lui virtù», lo elevò alla sede episcopale di Montalto47.

Nella mira di rivalutare al massimo possibile personalità del posto, il papa pose gli occhi su di un soggetto del medesimo, piuttosto che su di un estraneo. Il fatto è che l'Azzolini sottolinea la «singularem prudentiam, qua tot visendis provinciis diversis tractandis negotiis», dimostrata dal Giovannini; e per di più, il «magnum preterea religionis integritatis ingenii specimen semper» manifestato48. Ancor più incisivo fu l'ambasciatore di Urbino, il 19 novembre 1586: «Nel concistoro di questa mattina — comunicò — Aragona ha preconizzato la persona di ms. Paolo Emilio Giovannini, marchiano, al vescovato di Montalto: huomo di molta bontà et valore, et di meriti presso a questa corte, et al papa [...]». Anzi, il credito del medesimo era tanto grande in quei giorni a Roma, da includerlo nella lista dei probabili cardinali, di cui si attendeva, da un momento all'altro, la nomina: «et che passa ancor lui — continua l'avviso del medesimo giorno — da 6 giorni in qua, su la lista degli incappellandi a 18 per cento»49. Si pensava, addirittura, che Sisto V avesse di mira porre un cardinale alla guida della nuova diocesi50. Un po' troppo! Nel constatare la larghezza e, soprattutto, i disegni sistini nei confronti della sua patria, nessuno si meraviglierà se la voce, circa il Giovannini, siasi ripresentata nel dicembre dell'anno seguente, 1587, e non a Roma, ma, addirittura a Firenze51. Nella corte pontificia, invece, si sussurrava di un richiamo a Roma del presule, per adoperarlo presso il card. Montalto52.

Sarà stata, questa, la conseguenza della notorietà degli ininterrotti rapporti che intercorrevano tra i due e della non passeggera considerazione che il porporato faceva del pensiero del maturo Giovannini, anche in poltica estera, sino al punto da chiederne il pensiero su determinate situazioni. Un esempio è rappresentato dal Discorso del vescovo di Montalto sopra le turbolentie di Francia al card. Montalto, inviatogli, su esplicita richiesta, nel 159053.

Quantunque si tratti più di una esposizione generale circa la forza della Chiesa nel complesso delle nazioni e dei problemi riguardanti la pace, con forte tendenza all'esaltazione di Sisto V — ed era pacifico —, che non di un indirizzo specifico sui reali fatti francesi, allora molto critici e delicati, tuttavia, il documento apre una pagina interessante sulla reale portata della formazione mentale e culturale dell'autore.

Se si aggiunge che al Giovannini vengono ascritte varie opere — una, almeno, appartiene al periodo di episcopato, posteriore al 1590 — rimaste manoscritte e ora, per lo meno, introvabili, il metro valutativo sulla sua personalità si allarga di non poco. La Bibliotheca Picena, infatti, riportandosi al noto francescano conventuale e contemporaneo del nostro presule, Orazio Civalli54, ne ascrive le seguenti: un trattato De residentia, due De medicina e Delli beni della vecchiezza, tre volumi di Poesie; e inoltre: Come si deve portare un nepote di papa con principi, cardinali, vescovi e religiosi; Come deve portarsi un cardinale fatto papa; il seguente, poi, è legato alla cattura da lui subita da parte dei banditi, nel 1590: De episcopo Montis Alti ab exulibus capto55; e ancora: Segreteria de' prencipi; Sopra il governo delle città dello Stato ecclesiastico e specialmente di Ascoli: e infine, De summo bono. I singoli argomenti, nella loro varietà, danno il segno della vastità di cultura del presule, con elementi di indubbia praticità, frutto dell'esperienza precedente, maturata in molteplici mansioni.

Con un panorama sì lusinghiero, avvalorato dalla non frequente assicurazione papale, non desterà meraviglia apprendere che il Giovannini sia stato ritenuto, e giustamente, «dignissimus», a reggere la Chiesa di Montalto56. Il papa, da parte sua, ben conscio di quanto operava, nella sentita preoccupazione pastorale nei confronti della sua patria, approfittando dei tempestivi ringraziamenti pervenutigli per tale nomina, richiamò i sudditi della nuova diocesi al loro dovere e al singolare senso di responsabilità che si assumevano: «Siccome Nostro Signore — rispose il 16 dicembre 1586 il card. Azzolini al neo capitolo cattedrale — si è mosso ad onorare la patria sua e crear la città ed ultimamente darle per vescovo un prelato di tanto valore e di tanto merito, per la singolar carità sua verso de' suoi, e per desiderio che con tale beneficio si accresca in loro la divotione e si eccitino maggiormente gli animi al culto divino, così gli è stato caro il contenuto che le SS.VV., colla lettera loro del 29 passato, ne dimostrano; e mi ha imposto, ch'io l'esorti, ch'essendo state prime a ricever le grazie fatte da Sua Santità a quella Chiesa, siano anche colla vita e coll'esempio loro d'incitamento agli altri nel servitio di Dio e nell'ubbidienza et affettione verso il pastore che Sua Santità ha loro dato; massime, essendo egli non solo della sua patria, onde ne hanno da aspettare governo et amore di vero padre, ma persona di bontà, di dottrina et esperienza molto insigne, e perciò molto accetta a Sua Beatitudine [...]».57
La nuova diocesi la si affidava in buone mani e il presule, da una parte doveva ritenersi fortunato, perché aveva a fianco il prodigo pontefice, sempre molto sensibile nei confronti della sua patria, dall'altra, vigile attento e realizzatore qual egli era, imponeva in lui un'azione, pronta, efficace e rispondente appieno alla fiducia riposta e agli intenti perseguiti. Certo è che nei quattro anni, circa, di mutua collaborazione, mentre l'azione del pontefice si rivela preponderante e, si direbbe, schiacciante, riesce difficile sceverare, con esattezza, quanto, in realtà, appartenga alla libera iniziativa del presule. Il quale, portatosi subito in diocesi, conforme alle severe e fresche prescrizioni circa la residenza, sulla scorta dei decreti conciliari — sebbene ancora persistenti resistenze, abusi e consuetudini: per es., quella di investire di lunghe missioni diplomatiche vescovi residenziali58 — si veniva a trovare nella condizione di dover attuare, con la massima tempestività e precisione, quanto gli veniva ordinato dall'alto, anzi interpretarne la volontà e, in qualche modo, prevenire intenti e aspirazioni. E tutto si risolveva, poi, nel porre Montalto all'altezza sia del nuovo impegnativo compito venuto a coprire, sia del destino di grandezza prefissole dal non comune suo figlio. Se ne giovò la cittadina, se ne giovò anche il presule: non è di tutti, e di ogni giorno, infatti, aprire bocca e, senza muoversi, vedersi spalancare tutte le porte e, anzi, pervenire ogni pur minimo desiderio.

Se ne vide subito la prova. Solo dopo la costituzione di Montalto in città e centro diocesi, il papa, senza perder tempo, nel proprio giorno genetliaco, 13 dicembre seguente, secondo del suo pontificato, potè emettere il celebre breve Postquam nos, con cui veniva data una nuova struttura amministrativa alla zona, consacrando, in tal modo, la nuova era della sua patria59. Sottoponendo, in questo campo, a Montalto anche Ripatransone, città e centro diocesi, non era possibile anticipare il gesto. Anzi, il papa volle accompagnare e porre a base del fresco e ampio Presidiato, con capitale Montalto, all'alba proprio del nuovo lancio pastorale e per facilitarne il successo, un provvedimento di amnistia generale alla città e alle terre circonvicine, liberate dal banditismo dal suo governatore, o commissario straordinario, Giulio Sclafenato, nell'impostazione generale, forte, data al problema sin dall'inizio del pontificato60. Se si tiene presente che il provvedimento di clemenza, anzi di tranquillità per il magnanimo e comprensivo comportamento dello Sclafenato, fedele interprete dell'impostazione pontificia, viene sollecitato dalle comunità cittadine stesse più vicine e legate a Montalto61, si coglie, nella vera essenza, lo spirito aleggiante e animatore, quello caritativo ed evangelico, in modo tale da rendere più agevole il cammino della nuova svolta ed ottenere i più copiosi frutti di vita cristiana.

Con il nuovo Presidiato — eretto per un «felicem statum et communem utilitatem et commoditatem», di Montalto e delle terre interessate, compreso Montefortino e Montemonaco, estranee al vecchio Presidiato62 — Montalto divenne sede del governatore e della Curia, compresa l'amministrazione della giustizia, nonché centro di un collegio di notai civili e criminali e dell'archivio relativo: separato, così, del tutto dal governo di Macerata, gli abitanti, per forza di cose, vennero esentati dallo «stipendium et salarium» dovuto ad essa. E allo scopo di salvaguardare «rerum abundantia in dictis civitatibus et terris Praesidiatus», vi si stabiliva di poter asportare il grano soltanto dopo aver assicurato sul posto almeno la terza parte del prodotto; per il medesimo fine — «ut homines dicti Praesidatus maiori cum rerum copia vivere possint» — vi si permetteva di comprare liberamente, «absque ullis impedimentis», il grano nel confinante regno di Napoli. Aggiungendovisi, per le singole località, il privilegio della democratica elezione del podestà — «praetorem» — e del libero commercio delle derrate, per il raggio di quaranta miglia da Montalto, senza i consueti e impedienti aggravi di dazi, di dogane e di gabelle; e imponendo, inoltre, nel Presidiato, un unico sistema di peso e di misura, involontariamente si imprimeva alla zona un inusitato senso di modernità, ben degno del genio di Sisto V.

* Di Giovanni Papa, Gianni Maroni editore, Ripatransone, 1985, pp. 79 - 97


NOTE

1 L'ambasciatore urbinate parla di «60 anni»; Avvisi di Roma, 19, 22 novembre 1586, BV, Urbin. lat., 1054, ff. 549r, 555r; è da preferirsi 64, derivato da un'apposita inchiesta fatta allo scopo; ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r - vup

Avvisi di Roma, 19, 22 novem. 1586, BV, Urbin. lat, 1054, ff. 549r, 555rup

 3 ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r - v.up

4
 Si tratta del cap. 1 ° del 
Decretum de reformatione, della Sessione 24a, del Concilio: cf. Canones et decreta oecumenici et generalis Concili Tridentini [...], 2a ed., Roma 1763, pp. 205-208. L'intero inquadramento storico relativo a detto processo è stato presentato nell'opera, più volte menzionata, relativa all'erezione della diocesi di Ripatransone: PAPA, pp. 85-88; non si può omettere un richiamo allo studio di HUBERT JEDIN, La riforma del processo informativo per la nomina dei vescovi al Concilio di Trento, in Chiesa della fede. Chiesa della storia, trad. ital., Brescia 1972, pp. 316-339. Se per il primo vescovo di Ripatransone, mons. Lucio Sasso, non si costruì il processo, lo si deve al fatto che egli era stato «commendatus a multis, partim a cardinalibus curialibus», cioè era noto alla Curia romana (PAPA, pp. 175-176). Il processo canonico, istituito sulla elezione dei vescovi ricevette nuove disposizioni da parte di Gregorio XIV, con la costituzione Onus apostolicae servitutis, del 15 maggio 1591: cf. Bullarium romanum, IX, pp. 419-424; PASTOR, Storia dei Papi, X, p. 561. Anche ora, è doveroso avere presente il citato studio del p. FORCINSKI, S. J., Conferimento dei benefici ecclesiastici maggiori nella Curia Romana fino alla fondazione della Congregazione concistoriale, m Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXV, 2 (luglio-dicem. 1981), pp. 348-353.up

5 cf. ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r - v: «B.me D.me — inizia il documento— In proximo futuro consistoro, ego, Inigus Avalos, card.lis Aragonia, S.mi D.mi non iussu, proponam ad Eccclesiam Montisalti, a primeva erectione, d. Paulum Emilium de Joanninis. Qui, ut constat ex processu coram me formato et per R.mos dd. meos capita ordinum et me subscriupto [...]» (f. 192r).up

6 L'ambasciatore di Urbino comunicò il 26 marzo 1586: nel concistoro di lunedì, 24, «fu spedita la Chiesa di Loreto, di rendita di 2700 ducati, in persona di mons. Cantuccio, auditore di Rota, il cui auditorato si darà ad un marchiano, con questo perpetuo honore nella Rota di quella provincia della Marca» (BV., Urbin. lat., 1054, f. 120r). Il Cantucci, di Perugia, «iuris utriusque doctor», uditore di Rota dal 17 aprile 1574, elevato alla Chiesa di Loreto il 24 marzo 1586 — sul giorno non c'è coincidenza tra gli storici — durò pochissimo: cf. EMANUELE CERCHIARI, Cappellani papae et Apostolicae Sedis auditores Causarum Sacri Palatii Apostolici, seu Sacra Romana Rota [...], II, Roma 1920, p. 111, num. 428; GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 220; GUALTIERO DA SERVIGLIANO, Loreto nel cinquecento, pp. 93, 105-106; FLORIANO DA MORROVALLE, L'archivio storico della Santa Casa di Loreto, p. LXXXII. up

7
 II 29 novem. dello stesso anno, 1586, l'
Avviso di Roma dell'ambasciatore di Urbino fa sapere: «Alcuni vogliono che se fosse venuta la certezza della morte di mons. Contursi [sic], vescovo di Loreto, che havrebbe a quella Chiesa havuto molto buono il protonatario Peretti [...]» (BV, Urbin lat., 1054, f. 565v). Il Cantucci si era spento il 23 precedente: GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 220; CERCHIARI, II, p. 111, dice 25, da preferirsi 23. Il Peretti menzionato è Andrea, giovane di ventitre anni, essendo nato nel 1573, fratello della suora Marianna Peretti — cognome acquisito — già menzionata, figlio di Flora, cugina del papa, ufficialmente accolto «in familiam de Perettis», nel nov. - dicem. 1589 (ASV, Segr. Brev., 149, f. 165), cardinale il 5 giugno 1596 (PASTOR, XI, p. 183; PISTOLESI, Sisto V e Montalto, p. 47; P. GAUCHAT, Hierarchia, IV, Munster 1935, p. 5). up

8 Nell'Avviso del 3 dicem. 1586, si legge: «La Chiesa di San Severino è destinata (per quanto s'intende) al Merciari [sic], giudice di Borgo», (ASV, Urbin. lat., 1054, f. 575v); presentata e preconizzata la nomina nel concistoro della mattina (ibid.), la si ebbe il 10 (Avvisi di Roma del 6 e 10 dicem. 1586, ibid., ff. 581r, 583v). Marzari, o Merzari, non Marzano, apparteneva ad una ricca famiglia di Marostica, diocesi di Vicenza, protonotario apostolico, morì il 3 giugno 1607: cf. GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 298; GIOVANNI MANTESE, Memorie storiche della Chiesa Vicentina, IV, par. 1° e 2°, Vicenza 1974, pp. 120, 435, 436, 1018: l'autore ignora di quale diocesi sia stato vescovo (p. 120 n.), si veda l'indice dei nomi (p. 1483), per rendersi conto dei numerosi Marzari trattati solo in questo volume dell'opera, che va dal 1563 al 1700. Nei primi anni del suo episcopato fu, per brevissimo tempo, vicegerente di Roma, 27 febbraio — ottobre 1588: B. MORSOLIN, Cenni su Orazio Marzari, primo vescovo di San Severino, Vicenza 1862; S. SERVANZI-COLLIO, Serie dei vescovi di Sanseverino nella Marca [...], Camerino 1864, pp. 9 - 13; NICCOLÒ DEL RÉ, Il vicegerente del Vicariato di Roma, Roma 1976, p. 39, 40, 41, 46, 47. up

9 Galeazzo Morone, vescovo di Macerata dal 19 giugno 1573, fino al 1613, pose a Tolentino un vicario generale: GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, pp. 231, 314; MORONI, Dizionario, LXXVI (Venezia, 1856), p. 314; GENTILE, Macerata Sacra, pp. 72-73, 104; CECCHI, Storia di Talentino, pp. 285-286; O. GENTILI-A. ADVERSI, La vita religiosa a Macerata, Biemmegraf 1977, p. 46. up

10 Così, il card. Azzolini, nel menzionato autorevole promemoria, fonte principale delle notizie che seguono (ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r-v). Dicendovisi, che il candidato «annum agit LXIIII», se ne deduce che la nascita va ascritta al 1522, circa. Da preferirsi, a causa della qualità del documento, frutto di indagine, al «di 60 anni di età», riferiti dall'ambasciatore di Urbino il 19 e il 22 novem. 1586: BV, Urbin. lat., 1054, ff. 549r, 555r. up

11 È l'anno oramai sicuro della nascita di Sisto V: cf. La Vita Sixti V ipsius manu emendata, dell'ASV, il cui brano relativo è riportato dal Pastor (X, p. 22, n. 1): certamente per una svista egli pone nel corpo «1520», al posto di «1521»; PISTOLESI, Sisto V e Montalto, pp. 19-28; essendo pacifico tale data, non vale la pena dilungarsi in citazioni. up

12 Cf. PISTOLESI, Notizie biografiche dei vescovi di Montalto, Montalto Marche 1912, pp. 9-11 intero profilo del Giovannini. up 

13 Ve n'erano, per es., a Castorano (Ascoli Piceno): il sac. Orazio Giovannini, il fratello Matteo e il nipote Sante ebbero l'onore della cittadinanza ascolana: cf. GIUSEPPE BARTOCCI, Castorano nei secoli, Fermo, 1972, p. 86. up

14 Basta scorrere i verbali dei registri comunali di Montalto, per rendersi conto del rango dei Giovannini, presenti, con grado elevato e stima nella sua vita: per es., in questi anni, spiccava non poco il menzionato Baldassarre Giovannini, «vir quidem providus et civis conciliarius» (8 novem. 1587, ACM, Consigli comunali 1586-1587, poi scritture diverse, f. 89v, cod. 193; cf. anche codd. 194, 195, passim), che incontreremo in seguito. Il suo nominativo figura nell'elenco delle persone più ragguardevoli di Montalto, annesso alla fine degli statuti: Leges ac iura [...] Montis Alti, Montalto 1586, alla fine. up

15 Sull'università di Macerata, istituita da Paolo III, con bolla del 1° luglio 1540, cf. GENTILI, Macerata sacra, pp. 396-399: comprendeva le cattedre di legge, teologia, filosofia, morale, fisica naturale e medicina. up

16 Promemoria del card. Azzolini, ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r-v; PISTOLESI, p. 9. Torna al testo

17 Fu vescovo di Viterbo dal 30 genn. 1551 sino alla morte, sopraggiunta il 16 settem. 1566: cf. GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 336; MARIO SIGNORELLI, Storia breve di Viterbo, Viterbo 1965, pp. 291-292; PASTOR, VI, pp. 4, 7, 9, 106. Torna al testo

18 Sulla nunziatura, dispacci e documenti attinenti, cf. R. ANCEL, Nonciatures de France: nonciatures de Paul IV (Avec la derniére année del Jules III et Marcel II), vol. I: Nonciatures de Sebastiano Gualtiero [o meglio Gualterio] et de Cesare Brancatio, 1a et 2a partie, Paris 1909, 1911: molto utile è la nutrita introduzione, che ambienta sui problemi inerenti, cf. profilo biografico del Gualterio, specialmente pp. XIX, XXIII; H. BIAUDET, Les nonciatures apostoliques permanens juqu'en 1684, Helsinki 1910, p. 100; PASTOR, VI, pp. 106-107. Torna al testo

19 ASV, Acta miscellanea, 49, p. 192rTorna al testo

20 Nato a Colle val d'Elsa (Siena) il 14 agosto 1506, «clericus Volterranus», «iuris utriusque doctor», governatore di Parma nel 1543, dopo altri incarichi civili, tra cui il governatorato di Ancona, il 27 giugno 1557 divenne governatore di Roma. Era in tale carica, quando il 24 agosto 1558 fu nominato vescovo di Chiusi; il 21 ottobre fu rieletto, «cum dispensatione super irregularitate, eo quod alias in criminalibus se intromiserat»: cf. GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 171; N. APOLLONI, Elogio di monsignor Salvatore Pacini in Elogi degli uomini illustri toscani, III, Lucca 1772, pp. CLVI-CLXII; NICCOLÒ DEL RE, Monsignor governatore di Roma, Roma 1972, p. 86; GIOVANNI INCISA DELLA ROCCHETTA - NELLO VIAN, II primo processo per san Filippo Neri [...], I, Città del Vaticano 1957, p. 130, nn. 394, 398.Torna al testo

21 Secondo della serie dei vescovi di questa diocesi, dopo Lucio Sasso — quindi ordinario del Giovannini stesso — lo divenne il 20 maggio 1575 e rimase sino al 3 ottobre 1578, quando fu trasferito a Piacenza (1578-1596), divenne cardinale il 18 dicem. 1591: cf. PAPA, p. 186, n. 42, con ricca bibliografia. Torna al testo

22 Cf. BIAUDET, Les nonciatures apostoliques permanentes, pp. 32, 120, 135; PASTOR, IX, pp. 291-295. Torna al testo

23 Sulla legazione, cf. PASTOR, VI, pp. 446-447; Epistolae Aphonsi Salmeronis. I, Madrid 1906, pp. XV, 207-209: lettera del 1 ottobre 1557, in cui parla della imminente missione; ANTONIO ASTRAIN, S. I., Historia del la Campania de Jesus en la Asistencia de España, II, 2a ed., Madrid 1914, p. 371.Torna al testo

24 Cf. NATALUCCI, La vita millenaria di Ancona, I, Città di Castello 1975, p. 329.Torna al testo

25 DEL RE, p. 86.Torna al testo

26 Cf. BIAUDET, pp. 98, 117; PASTOR, VI, p. 517, n. 7, VII, pp. 517-518.Torna al testo

27 Cf. GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 171, n, 14 a Chiusi; ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192rTorna al testo

28 Sarebbe inutile citare il non indifferente materiale, documentario e stori co, inerente; cf. soltanto, per i testi: Canones et decreta sacrosancti oecumenici et generalis Concilii Tridentini [...], Roma 1763, pp. 171-193; la precedente sessione, la 22a, si era tenuta il 27 settembre 1562, assente il Pacini, pp. 155-172; per un chiaro, semplice e sintetico volto d'insieme, con ricca bibliografia e indicazioni dell'edizione critica degli atti e delle fonti, cf. Dizionario dei Concili, V, Roma 1966, pp. 383-403; per il panorama storico più completo, HUBERT JEDIN, Storia del Concilio di Trento, IV, 2, Brescia 1981, pp. 75-116.Torna al testo

29 ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r.Torna al testo

30 A proposito della lettera del card. Otto Truchses al card. Hosio, del 30 gennaio 1563, vi si parla a lungo dell'andata del Commendone a Trento: JULII POGIANI SUNENSIS, Epistolae et orationes olim collectae ab Antonio Maria Gratiano, nunc ab Hieronimo Lagomarsino e Soc. Jesus adnotationibus illustratae acprimum editae, III, Roma 1767, pp. 214-218, nota c; il 6 marzo, sempre del 1563, il Truchses parla all'Hosio «de Commendoni Tridentum reditu», ibid., pp. 241-248. Anche il 3 gennaio 1561 il Commendone era stato a Trento: lettera al card. Carlo Borromeo da Trento di tal giorno, BV, Barb. lat., 5798, par. I, f. Iv.Torna al testo

31 Su questa missione del Commendone, sia la documentazione, che la bibliografia sono molto vaste, non è compito del presente lavoro estendersi. Per un nutrito e sufficiente profilo del Commendone, nato a Venezia il 17 marzo 1524, cardinale il 12 marzo 1565, mentre si trovava in Polonia, deceduto a Padova il 24 dicem. 1584, si veda: VAN MEERHEECK, s. v., in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XIII (Paris 1956), coll. 367-378, con ricchissima bibliografia, alla col. 372 è nominato il Giovannini. La parte più considerevole dell'archivio del Commendone è conservata presso la famiglia Margherini-Graziani a Città di Castello, ove potrebbero esservi documenti del e sul Giovannini; è stato utilizzato dal PASTOR, VII: Pio IV (1959), pp. 369-374, missione in Polonia; copia delle lettere riguardanti le nunziature del Commendone in Germania e in Polonia (1560 - 1565), in Bibl. Vat., Barb. lat., 5798, Parte 1 e II, ff. 312, 313r-626r; cf. anche BIAUDET, Les nonciatures apostotiques, p. 112; POGIANI, Epistolae et orationes, III-IV, Roma 1767, passim: GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 41.Torna al testo

32 Cf. Commendone al card. Borromeo, Conegliano 15 ottobre 1563: «Dimani, piacendo a Dio, partiremo tutti insieme»; in linea generale si scrive «15» da parte di diversi autori, cf. n. preced. La stessa lettera accenna all'arrivo del Pendasio a Venezia, il giorno 13 (BV, Barb. lat., 5798, I, f. 254r), ma non fa parola del Giovannini; è facile che sia giunto prima, o, con maggiore probabilità, che siasi aggregato a Trento al Commendone e insieme abbiano raggiunto Venezia.Torna al testo

33 Si veda, per es., il sensibile intervento del Commendone a proposito della riforma delle numerose usurpazioni di beni e diritti ecclesiastici, da parte dell'autorità civile, contrarie sia al diritto canonico, che alla libertà della Chiesa; piani e idee espresse prima ancora della terza fase del Concilio: cf. PASTOR, VII, pp. 245- 246.Torna al testo

34 Sull'Hosio (1504-1579) ci piace riferire solo la famosa prima vita, scritta dal suo segretario, vivente ancora il Giovannini: STANISLAUS RESCIUS, Stanislai Hosii Vita, Pelplini 1938, ediz. moderna fedelissima alla 1a, cf. pp. 96, 107, 117, 149, ove si parla del Commendone, della sua missione in Polonia e degli altri rapporti.Torna al testo

35 Promemoria, ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192r-v; PISTOLESI, Notizie biografiche dei vescovi di Montalto, p. 9.Torna al testo

36 Cf. Ravenna, in MORONI, Dizionario, LVI (Venezia 1852), p. 234; PASTOR, VII, p. 85, n. 3. Si tenga altresì presente che mons. Pacini, nel 1573, fu mandato visitatore apostolico proprio nelle diocesi del Piceno, di Camerino, Jesi (PASTOR, IX, p. 911) e anche Macerata: cf. OTELLO GENTILI-ALDO ADVERSI, La vita religiosa a Macerata, Biemmegraf 1977, p. 46.Torna al testo

37 È impossibile essere esatti, dal fatto che le notizie sui canonici della cattedrale di Ravenna cominciano solo dopo la riunione, operata da Pio V, dei due capitoli nell'unico attuale: cf. lettera di mons. Mario Mazzotti a mons. G. Papa, 17 novem. 1982, presso il destinatario.Torna al testo

38 cf. PRIMO UCCELLINI, Dizionario storico di Ravenna, Ravenna 1855, p. 215: fonte della notizia, una cronaca ms. conservata nella Biblioteca Classense della medesima città.Torna al testo

39 Cf. GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, pp. 30, 283: il card. morì il 3 sett. 1578.Torna al testo

40 Cf. Ravenna, Archivio arcivescovile, prot. 50, carta 689. Ivi (prot. 81, carta 448), vi si conserva una lettera, firmata «il vescovo di Montalto» — cioè il Giovannini — e datata da Macerata, il 6 marzo 1602, riguardante l'altare di S. Romualdo nella abazia di S. Pietro in Vincoli, presso Ravenna.Torna al testo 

41 GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 230.Torna al testo

42 Vi si legge in proposito: «[...] Quibus dictis, introductisque nunciis, ii fuere Petrus Joannes Mercatus et Jacobus Philippus Morisius, scribae solertissimi; qui, uti erat ab archiepiscopo imperatum, se citasse episcopos, Ecclesiae Ravennati subiectos, eorumque sacratorum virorum conventus, sigillatim retulere, absentium episcoporum procuratores et conventum item sacratorum virorum, vocantur, qui se adesse cum mandatis responderunt, hoc ordine: Paulus Emilius Joanninus, picenus, philosophus et iurisconsultus; Odoardi Gualandi, pisani, Caesenatium: Alexander Sopranus, iurisconsultus Ravennas; Francisci Rusticutii Fanestris, Fanestrium [...]» (HIERONYMI RUBEI, Historiarum Ravennatum libri decem ac altera editione libro undecimo [...] ad Sixtum Quintum Pont. Opt. Max., Venezia 1589, p. 777).Torna al testo

43 
Ibid., p. 788, a p. 811 il Giovannini è citato a proposito dello Sclafenato.Torna al testo

44 cf. GIROLAMO FABRI, Le sagre memorie di Ravenna antica. Parte Prima, Venezia 1664, p. 36: brano dedicato al Giovannini, fonte l'UGHELLI, Italia Sacra; lo si definisce soggetto «letteratissimo»; SERAFINO PASOLINO, Huomini illustri di Ravenna antica et altri degni professori di lettere et armi [...], Bologna 1703, p. 45: «Fra Paolo Emilio Giovannini, canonico della metropolitana, huomo di merito e virtù distinta, nel suo tempo, fu insigne nella theologia e ne sacri canoni, onde merita una nichia nel tempio dell'onore»: e sul margine: «Fra Paolo Emilio Giovannini anni 1586»: sono evidenti alcuni errori: il «fra», che designa un religioso, quando in realtà non lo era; la patria Ravenna; l'anno 1586 indica quello della nomina a vescovo.Torna al testo

45 GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 144.Torna al testo

46 Cf. Annuario pontificio, 1982, p. 127.Torna al testo

47 La frase, virgolata dal Pistoiesi stesso, è stata estratta da un ms. della «Canc. Vesc.», come precisa lui stesso (p. 9); si cf. ACM, Notizie sulla città di Montalto ricavate e raccolte da PIER SIMONE GALLI, ms., ff. 5v-6r.Torna al testo

48 Promemoria, ASV, Acta Miscellanea, 49, f. 192v - r.Torna al testo

49 Avviso del 19 nov. 1586, BV., Urb. lat., 1054, f. 549r È ripetuta la notizia nell'Avviso del 22. Il concistoro si era tenuto il 16: GULIK-EUBEL, Hierarchia, III, p. 51: furono nominati otto cardinali; PASTOR, X, pp. 173-174.Torna al testo

50 L'Ughelli lo chiama «vir doctissimus»: Italia Sacra, II, col. 751; Pietro Andrea Galli «soggetto di singolar bontà, dottrina ed esperienza» (Notizie intorno alla vera origine, patria e nascita del somma pontefice Sisto V, p. 143; Bibliotheca Picena o sia Notizie istoriche delle opere e degli scrittori piceni, V, Osimo 1796, pp. 112-113.Torna al testo

51 Nella Nota delti soggetti principali che corrono in Firenze per cardinali nella prossima promotione di dicembre 1587, all'undicesimo posto si legge: «II Giovannini, vescovo di Montalto, 30», cioè il 30 per cento di probabilità, tra i più alti della nota: BV, Urbin. lat., 1055, f. 493r.Torna al testo

52 L'ambasciatore di Urbino comunicò il 30 dicem. 1587: «[...] et altri aggiungono che il Giovannini, vescovo di Montalto, sia chiamato per adoperarlo nella medesima secretaria pontificia presso Montalto»: Avviso, ibid., f. 501v.Torna al testo

53 ASV, SS. Francia, 31, ff. 430r-435v. Ecco il brano introduttivo: «Ill.mo et R.mo Signore. Poi che il pontificato di Sisto Quinto et l'administratione commessa da S. B.ne per sollevatione del suo peso a V. S. ILL.ma, incontra nelle turbolentie di Francia et nella guerra civile di quel regno, l'alteratione, et l'innovatione del quale, per esser posto nel mezo delle provintie christiane, et per le dote le quali ha di fertilità di forze et d'armi, minaccia alteratione et innovatione all'altre, con animo generoso deve sostenere la sollicitudine; et che summa di sì grave negotio riputando l'occasione d'esercitare la sua virtù d'acquistare gloria in questo mondo et di meritare la più vera da Dio nell'altro. Non è libero l'entrare o il non entrare in questa causa, nella quale si tratta della conservatione della religione catholica et della successione et stato della corona regale, l'una et l'altra cognitione propria della Sede Apostolica, alla quale appartiene il giuditio et il magisterio della santa fede, et la dispositione de i regni et l'arbitrio in qual mano debbia porsi, et da quali levarsi lo scettro regale, le turbolentie son grandi et gravissimi son i pericoli imminenti et la cura di reggere in tempi tali è ponderosissima [...]» (f. 40r). Il tema è sviluppato ampiamente nei fogli seguenti: con due parole, si tratta della tanto discussa questione della supremazia della Chiesa sullo Stato, che dominò il Medio Evo, causa di tante lacerazioni.Torna al testo

54 Bibliotheca Picena, V, p. 114; quantunque si citi il Civalli, in realtà, il Pistolesi si è servito di quest'opera (Notizie biografiche dei vescovi di Montalto, p. 11). Del Civalli è nota la Visita triennale [...], ossia Memorie storiche riguardanti i diversi luoghi di essa provincia raccolte dall'autore nel tempo del suo provincialato [1594-1596], in Antichità Picene, XXV, Fermo 1795, 215 pp. In quest'opera non si parla del Giovannini. Siccome ne lasciò altre, rimaste manoscritte, è facile che si sia occupato di lui in una di queste.Torna al testo

55 Del rapimento da parte dei banditi, ne fa parola egli stesso nella seconda relazione della visita ad limina del novembre 1592: cf. ASV, S. Congregazione del Concilio, sez. Visitationes SS. Un'in.: Montis Alti; cf. infra, Appendice.Torna al testo

56 Promemoria dell'Azzolini, ASV, Acta miscellanea, 49, f. 192rTorna al testo

57 Cf, orig., ACCM; P. A. GALLI, pp. 143-145; PISTOLESI, Notizie biografiche, pp. 10-11.Torna al testo

58 Su questo problema cf. Concil. Trident., sess. XXIII (15 luglio 1563): Decretum de reformatione, cap. I, in Canones et decreta Sacros. Oecum. et gener. Concilii Tridentini, Roma 1763, pp. 177-180; per uno studio specifico: H. JEDIN, La lotta intorno all'obbligo di residenza dei vescovi, 1562-1563, in Chiesa della fede Chiesa della storia, pp. 295-315: per l'applicazione post conciliare si veda la chiusura, pp. 313-314; sull'interesse della Congregazione del Concilio, in merito all'applicazione dell'anzidetto decreto, cf. G. PAPA, II cardinale Antonio Carafa prefetto della S. Congregazione del Concilio, Città del Vaticano 1964 (estr. da La S. Congr. del Concilio, 1564-1964, pp. 16-18); per quanto riguarda Sisto V e il problema della residenza, il Carafa, per es., ordinò nel marzo 1587: «Scribendum auctoritate S.mi — [...] — ut statim, sine ulla cunctatione, ad residentiam suam se conferat» (p. 17). Vi si legge ancora nello studio: «Dati gli ordini severissimi della Santa Sede di non ammettere, in materia di residenza episcopale, tergiversazione alcuna e di costringere i renitenti a lasciare le diocesi, per esaminare le cause di resignazione che ne derivavano, impedire frodi e specialmente valutare le condizioni poste dagli avversar!, Sisto V, nel concistoro del 2 giugno 1586, istituì una speciale congregazione, formata dai cardinali. Farnese, d'Aragona, Colonna, Carafa, Facchinetti e Medici (pp. 17-18); cf. G. GUALTERIO, Ephemerides Sixti V, f. 145v, Roma, Biblioteca Corsiniana, cod. 38 -F-19. Torna al testo

59 cf. originale, in pergamena, ACM; «copia» stampata a Montalto «Apud Joannem Iubarem Venetum», nel 1587, Archivio arcivescovile di Fermo; Bullarium romanum, IX, pp. 254-256; testo del documento, ASV, Secret. Brev., 123, ff. 85r-86V: «Pro civitate Montis Alti, ac terris Montis Fortini et Montis Monaci in Praesidiatu», dice la didascalia, appostavi sul margine; in appresso si ritornerà sul perché siano espressamente menzionate queste due località. Quanti si sono occupati, sia pure di passaggio, di Montalto, hanno fatto parola del Presidiato; citiamo soltanto P. A. GALLI, pp. 107-108; ANDREA LAZZARI, Elogio della città di Montalto diretto al nobile ed erudito signor conte Agostino Rosati Sacconi [...], in Antichità Picene, XXIII, Fermo 1795, p. 103; PISTOLESI, Sisto V e Montalto, pp. 107-109, XLVIII-LI (n. 87, trad. ital.). Si faccia attenzione che non si tratta di bolla, come scrivono alcuni, compreso il Pistolesi (p. 107), ma di breve.Torna al testo

60 Pietro Andrea Galli presenta lo Sclafenato, o Schiafenati, nel suo compito contro il banditismo, «fuor di modo rigoroso e sanguinoso e si racconta — continua egli — che facesse morire sotto il capestro un gran numero di persone, non solo per cause gravi, ma ancora leggiere», tanto da essere «acremente redarguito» dal papa stesso, appena fatto ritorno a Roma (p. 156). Il Pistolesi nega tale estremismo e assicura: «A noi consta, invece, che mons. Sclafenato venne ascritto alla cittadinanza, insieme col suo fratello, alla quasi unanimità (15 agosto 1586) e se ne parti nel maggio seguente complimentato assai e ricolmato di doni della comunità» (Sisto V e Montalto, pp. 180, LIX). Il Fabiani, invece, sulla scorta di documenti e registri contemporanei, sembra dar ragione al Galli, a prescindere da alcuni dati finali (Ascoli nel cinquecento, I pp. 362-364). Dalla stessa opera si ricava che lo Sclafenato era stato inviato a Montalto quale commissario straordinario non nel 1586 - come riferiscono il Galli (p. 156) e il Pistolesi (p. LIX) — ma prima di Giovanni Martinez di Monte Albano, destinato ad Ascoli per la medesima funzione «poco prima di Natale» 1585. Lo Sclafenato, inoltre, era stato governatore di Ascoli a partire dal 2 settem. 1576 (FABIANI, p. 263, e n. 50).Torna al testo

61 Cf. orig. in pergamena, del breve pontificio, datato il medesimo 13 dicem. 1586, ACM; esemplare, ASV, Secr. Brev., 123, ff. 235r-v, vi si legge sul margine: «Pro communitate Monti Alti, ac universitatibus Porchiae, Montis de novem et Patrignoni. Confirmatio absolutionis et cassationis processuum alias a gubernatore Praesidiatus formatorum et postea cassatorum»; PISTOLESI, pp. 106-107, 108, XLVIII, num. 86, trad. ital. incompleta. Dopo la fattiva opera dello Sclafenato, nell'estirpazione del banditismo nella zona, si volle, giustamente, passare ad un atto di clemenza. Il documento è interessante, ai fini anche di comprendere rettamente la mentalità di Sisto V, fatta di fortezza, sì, ma anche di larghezza di cuore; è l'atteggiamento del padre ideale: «Sedes apostolica — si legge nel documento — pia mater, recurrentibus ad eam, post excessum, cum humilitate, filiis libenter se propitiam exhibet ac benignam. Exponi siquidem nobis nuper fecerunt dilecti filii, communitas civitatis nostrae Montis Alti, ac universitates et homines terrarum Porchiae, Montis de Nove et Patrignonis, quod cum alias maior pars eorum banditos recepisset, et in casus et excessus in litteris nostris contentos incidesset, dilectus filius gubernator Praesidiatus, eorum supplicationibus ea in parte inclinatus, omnes et quascumque utriusque sexus personas, cives, incolas et habitatores civitatis et terrarum huiusmodi ad beneficium et gratiam dictarum litterarum in casibus inibi contentis, et non alias admisit, ac processus quoscumque hactenus contra eos formatos cassavit, prout in patentibus litteris dicti gubernatoris desuper confectis plenius continetur [...]». Passa, poi, il papa all'approvazione dell'assoluzione concessa dal governatore.Torna al testo

62 Ecco il proemio del breve, cui seguono quattordici paragrafi, non numerati, però, nell'originale: «Postquam nos, nuper, patriam nostram carissimam Montis Alti, debito civitatis titulo decoravimus, ipsiusque incolas et habitatores nostri obsequentissimos civitate perpetua donavimus, et in praesentiarum nobis agendum est, ut illa eis ac terris nostri Praesidiatus concedamus, quae felicem statum et communem utilitatem et commoditatem eorum concernere dicuntur [...]» (Bullarium romanum, IX, p. 254).Torna al testo ----------------- Di Giovanni Papa, Gianni Maroni editore, Ripatransone, 1985, pp. 79 - 9

 

 

 

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