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Feudi di Celano

Il Celani sostiene che l’acquisto comprendeva “Celano con i suoi borghi nominati di Foraggini, S. Angelo, Borgonovo e le Fontanelle, coll’intero lago di Fucino; le Terre di Aielli, Cerchio, Colle Armele col suo feudo nominato Luna; S. Iona, S.Potito, Ovindoli e Rovere col suo borgo; Pescina col suo borgo nominato di Lecce e Villa di S.Benedetto e con la terra di Venere e altre otto terre, cioè Ortucchio, coi suoi feudi dell’Arciprete e di S.Rufino, Spronasino col suo borgo e casale denominato il Castello; Lecce coi sei casali denominati Macchia, Colle Mezzaro, Sierro, Vallemura, Castelluccio e Farati; Gioia col suo casale detto Menaforno; Bisegna, S. Sebastiano, Aschi col casale di Vico e di Cucullo”.

Il Cantelmi afferma che già nel 1581 la contea era in possesso dei Peretti anche se l’atto ufficiale fu rogato nel 1591e che a Celano avvenne l’uccisione di Francesco, figlio di Donna Camilla, da parte di un sicario del Conte Orsini di Tagliacozzo. La Contea fu acquistata da Camilla con i proventi dei libri sulla vita dei Santi scritti da Papa Sisto V. Sempre questo autore annota che con la morte di Sisto V, nel 1590 Donna Camilla si trasferisce nel suo Castello di Celano da Roma e in memoria del fratello elargisce le seguenti donazioni perpetue: al monastero del Carmelo di Celano 160 ducati l’anno, a due zitelle da maritare a Celano 72 ducati, al Monastero di Santa Maria Valleverde 53 ducati, all’ospedale di San Rocco 6/3.

1592-15 sett. L’importo totale è di 307500 ducati (160.000 per Celano e 147.500 per la baronia di Pescina), di questa somma 7500 ducati vengono pagati subito dal Cardinal Montalto, 116.200 servono per soddisfare creditori e la rimanente cifra (183.800 ducati) viene pagata con una prima rata di 160.000 ducati dopo l’assenso reale da Donna Camilla che la deposita presso il banco Ravaschieri, Spinola e Lomellini di Napoli , e una seconda di 23800. Oltre questa cifra lo strumento di vendita stabilisce altri 300 ducati per l’assenso reale e 914,10 ducati per il Piccolomini.
Per la prima rata il Cardinal Alessandro Montalto interviene con 140.300 ducati, (mentre Donna Camilla con 19700), godendo di un censo pari al 4% delle rendite dei feudi in questione. (Per l’elenco dei creditori vedasi E. Celani, Una pag. di Feudalesimo, pag. 68).

1593- Il Celani riferisce che il Vescovo dei Marsi Matteo Colli residente a Pescina, approfittando della lontananza di Donna Camilla che risiedeva in Roma, tentò “con violenza” di appropriarsi di alcuni benefici ecclesiastici (l’autore non specifica quali). Al che Donna Camilla intentò una causa contro il vescovado ottenendo dalla Regia Camera Sommaria (organo supremo del Regno napoletano cui erano demandate tutte le questioni feudali) un decreto di riconoscimento della esclusività di ogni diritto e beneficio feudale sulle terre assoggettate al suo dominio.
In causam quodam illustris dominae Camillae Perettae […]. Die XV mensis iuni 1593. Neapolis. Viso praesenti processu, visis etiam petitionibus […] et considerantis […] et voto infrascripti domini Iannis Francisci de Ponte praesidentis Regiae Camerae Summarie sui ordinari auditoris fuit provi sum, et decretum […] et proptarea illustrem dominam Camillam Perettam, uti utilem dominam comitatus Coelani, et baroniae Piscinae, conservandam fore, et esse, et conservari deberi, prout praesenti decreto, conservari mandatur in possessione in omnibus et singulis beneficis”.

1596-19 aprile Donna Camilla cede lo stato di Celano e la baronia di Pescina al principe Michele Peretti, suo nipote, non potendo subentrare il Cardinal Montalto in quanto ecclesiastico. Gli importi per l’acquisto dello stato di Celano e della baronia di Pescina sono così suddivisi: Donna Camilla ducati 19700 Cardinale Alessandro 170.946* Don Michele Peretti 91.747,32 Residui di prezzo 23.800. Per un totale di ducati 306.193,32. La cifra rimanente pari a 1306,38 viene pagata da Michele affidando per nove anni le rendite della dogana di Foggia ai Pallavicini.

*Il cardinale Alessandro invece ricava denaro cedendo le rendite a Francesco e Damiano Pallavicini dell’abbadia di Santa Maria di Corazzo (CZ).

1596 Lo stato di Celano é gravato da tanti debiti che le rendite, che non supereranno mai la somma di 12300 ducati, non bastano neanche a coprire la metà dei censi dovuti. Tali censi sono:

Alla corte regia per l’adoa ducati         1205
Ai creditori per il residuo di prezzo, per un capitale di 23800 ducati 1666
Per ducati 170946 di crediti acquistati dal Card. Alessandro Peretti, con un interesse del 4%  6837,84
Ai creditori, soddisfatti poi dal Card. Francesco con la vendita della tenuta di Torre in Pietra per il capitale di ducati 75747,62 al 7% annui  5302,33
Per un totale di 15011,17 ducati ai quali vanno aggiunti le annualità dei ducati acquistati dal principe Michele (pari a duc.16000) al 7% ducati 1120
e quelli del Cardinale Alessandro (pari a duc. 8545,10)  341
Per un totale complessivo di ducati 16472,97

1596-26 sett. Don Michele, con un atto notarile, appalta a Damiano e Francesco Pallavicino la restituzione, nello spazio di nove anni, la somma di 108747,62 ducati ai creditori, obbligando se stesso a pagar loro, nei nove anni convenuti, la somma di ducati 186616 per soddisfare il debito oltre 400 ducati annui come onorario ai Pallavicino.
L’importo di 186616 ducati viene soddisfatta con 20000 ducati annui ricavati da 14716 ducati oltre la rendita della dogana di Foggia (4000 d.) e quella della badia di S. Maria di Corazzo (1580 d.) del Cardinale Alessandro.
Il principe Michele non versa ai Pallavicino la somma dovutagli di 14716 annui, dando solo quella ricavata dalla dogana di Foggia e dalla badia del fratello cardinale, l’ inadempienza gli costerà nuovi prestiti fattigli da Giovanni Giacomo Imperiali che saranno versati direttamente ai Pallavicino, come da atto notarile del 6 feb. 1598.
Si registrano alcune liti di tipo giudiziario tra Alessandro e Michele Peretti circa la successione alla contea come riportato da un documento pubblicato in Roma nel 1704 da tre avvocati, Bottini , Quatrini e de’ Vecchi (il Celani non la menziona).

Nel 1608 Michele Peretti fa aprire sul mastio alcune finestre con architrave semplice (non esiste il mastio!?) e sul portale del castello è riportata una iscrizione della quale si legge solo la prima riga: Michael Perectus Romanus Princeps Venafri, Marchio Nomentanae, Coelanique comes MDCVIII.

1617, 6 aprile. Con strumento rogato in Celano il principe Michele prende possesso delle zone montane intorno il suo feudo che, appartenute alla duchessa di Amalfi, erano state vendute a Luca Citarella. Nel contratto di vendita a Donna Camilla del 1591 veniva previsto il diritto di reintegra che Don Michele rivendicherà intentando giudizio al Sacro Consiglio, ne otterrà solo il 31 maggio 1616 una sentenza a lui favorevole dietro corresponsione di ducati 13355,79 depositati presso il Banco dello Spirito Santo a favore del Sacro Consiglio.

I confini delle montagne di Celano, dice il Celani, cominciano dal monte S. Rufino confinante con il territorio di Canito, dal quale monte passavasi al luogo detto Forcaferrata, poi al monte di Ventrino e tirando verso Vallelancia, camminando per la falda d’esso monte e lasciando il territorio della terra del Gargano sulla destra, si scendeva al bosco di Serente, o Serimone di Canale.

1618, 25 mag. Il Conte di Celano Michele Peretti invia al vice conte di Celano, al Governatore di Pescina ed ai Capitani con sede in Lecce dei Marsi ed in Ortucchio le “Instruttioni et ordini da osservarsi inviolabilmente nelli nostri stati di Celano e di Pescina da nostri ministri per Buon Governo et Amministratione della Giustizia” in 47 capitoli.
(Testo in Appendici 3)

- La parte esterna della chiesa nota come la Madonnina (a Celano) fu restaurata da Michele e ancora nel 1738 sopra il portale era visibile l’insegna dipinta dei Peretti e dei Cesi duchi di Acquasparta.

Nel 1631 muore Michele Peretti e il figlio Francesco ecclesiastico e per questo motivo impossibilitato ad ereditare i beni del padre si rivolge come suddito di Sua Maestà Cattolica scrivendo, tramite il conte di Monterey, al duca di Alcalà che concede il feudo, nonostante le pretese del duca di Bracciano Giordano Orsini, alla sorella Maria Felice dichiarando Francesco successore per i beni alloidali burgensatici oltre al godimento dei proventi dei feudi.
Anche il Papa gli riconosce lo stesso privilegio sui possedimenti nello stato pontificio con la condizione che alla sua morte la contea sarebbe passata alla sorella Maria Felice. Questa vedendo che non ricavava nessun beneficio dalla successione dei feudi pensa di cederli nel 1634 al fratello purché vi fosse il consenso del Re di Spagna.
Questo consenso non viene accordato, in quanto Francesco ecclesiastico, ma invece viene riconosciuto come amministratore di detti feudi. Solo nel 1646 il Cardinale Francesco accetta, infatti è del 20 dicembre il primo contratto stipulato da lui, a nome della sorella, che prorogava per tre anni l’affitto di Celano e suoi annessi a Giovanni Antonio Gentili. Il primo contratto con questo affittuario e con il socio Remigio Tondulo è rogato nell’anno 1642 per una cifra annua di 11000 ducati, con una caparra di 1000 scudi romani da restituire senza interessi alla fine dell’affitto.

1647 1° sett. Esiste una procura, in tale data, del Cardinale Francesco Peretti per l’autorizzazione a prendere possesso di Celano, Pescina ed altri feudi annessi che furono di Don Michele Peretti, suo padre, stante la grazia fattagli dal Re di Spagna nonostante il chiericato e similmente ad amministrare i suddetti Stati.

Una patente di bargello rilasciata dal Cardinale Franesco Peretti è in appendici 4

Don Michele non aveva ottemperato alle somme alle quali si era obbligato nei confronti del Monte Viani, costringendo il cardinale Francesco Peretti (nel 1639) a vendere la tenuta di Torre in Pietra e altri otto casali adiacenti a Orazio Falconieri per 326000 scudi, dei quali 111000 servono a soddisfare vari creditori e 215000 vanno al Monte Viani per estinguere i capitali prestati e le varie annualità.

Nel 1647-48 Francesco Peretti si trova a gestire la rivolta popolare scoppiata in concomitanza con il moto napoletano di Masaniello: il castello venne occupato dai rivoltosi capitanati dall’aquilano barone Antonio Quinzi che con 35 armati ne prese possesso. Truppe francesi e romane al comando del marchese di Palombara furono inviate dal Fontenay, ambasciatore di Francia a Roma ad accrescere la guarnigione di Celano, altri rinforzi arrivarono dal bandito Scucciaferro o Scucchiafarro e dal duca di Collepietra e dal barone di Giuliano.
Dopo la pubblicazione di un editto rivoluzionario del Quinzi (8 gen. 1648) nel quale si ordinava, pena la morte, a tutti di non dare aiuto al governatore d’Abruzzo Pignatelli e nel termine di tre giorni tutti gli ufficiali d’ armi con le loro genti armate si dovevano radunare a Celano per rinforzare la rivolta.

Già il giorno dopo il Pignatelli dichiara ribelle il Quinzi, perché fautore del partito francese e della rivolta di Masaniello vietandone, pena il carcere, la pubblicazione dei suoi scritti. Viene inviato nella Marsica il mercenario Pezzola con 1500 soldati ad assediare il castello. Dopo numerosi attacchi falliti, solo alla fine della sommossa di Napoli, il castello e la città si arresero.
La miseria successiva a questo periodo viene alleviata dal Cardinale Francesco Peretti che interviene con i suoi beni personali.

1655 Muore Francesco e la contea passa alla sorella Maria Felice che nel 1620 aveva sposato Bernardino Savelli che era diventato, dopo il Pignatelli, governatore dell’Abruzzo e che quindi ora ne eredita il titolo.

1658 A Bernardino succede il figlio Giulio. Un'iscrizione, oggi non più esistente, attesta , sopra l'arco dello scalone che conduce al piano nobile, l'appartenenza della contea ai Savelli: Giulio principe Savelli, duca dei Marsi, conte di Celano, barone di Pescina e suoi annessi, conte di Cincione, principe del S.R.I. e di Venafro, maresciallo perpetuo di S. Chiesa, custode del conclave, Grande di Spagna, Cavaliere del Toson d'oro, Patrono perpetuo di tutta la religione di S. Francesco.

1697. Successivamente la contea passa a Livia Cesarini che la trasmette ai Duchi Sforza Cesarini, nel 1714 viene riportato un certo Gaetano Sforza Cesarini e quindi agli Sforza Cabrera Bodavilla. Un tal Francesco di tale casata fu l’ultimo conte di Celano destituito nel 1806 dall’abolizione delle leggi feudali ad opera di Gioacchino Murat.

Aschi
1591 Nello stesso atto di vendita della contea di Celano si ritrova Aschi. Dal documento risulta che la comunità di questo paese pagava annualmente per la colletta di S. Maria Assunta trenta ducati mentre per la balia, per la cera di Vico e per l’adobo pagava ducati sette.
Nel 1597 Aschi contava 500 abitanti che coltivavano grano, orzo e producevano olio da oliveti siti nei casali di Aschio di Vico dato che il lago del Fucino esercitava un’azione termoregolatrice sul clima (dopo il prosciugamento dello stesso l’olivo scomparve)
Bisegna
Nel 1606 il Conte di Celano Michele Peretti assegna il beneficio rurale di San Giovanni “in terra bisignani” al sacerdote “D. Georgium Mirvam” (Gorgio Mirva) di San Sebastiano con il beneplacito del vescovo dei Marsi Bartolomeo Peretti.
Cerchio
1616, 3 nov. Il Vescovo Bartolomeo Peretti nomina al canonicato della parrocchiale di Cerchio S. Maria delle Grazie, D. Berardino Campomizzi vacato per morte di D. Fabio Muzi di Cerchio
(Bibl. Vaticana- Arch. Barberini Indice II, 1965/13)
Bartolomeo Peretti sessantesimo vescovo della diocesi di Pescina dal 14 apr.1597 al 2 gen. 1628)
Gagliano
Nel 1591 con atto del notaio Pacifici, il Feudo di Gagliano e una parte dei beni della contea , furono venduti da Alfonso Piccolomini, previo consenso della moglie Costanza a Camilla Peretti.
Nel 1616 a seguito dell’istanza dei creditori Luca di Nardo e Giovanni Antonio Citarella, il Feudo con altre terre fu venduto per 97.000 ducati al capitano Domenicantonio de Santis
Pescina
La Cattedrale di Santa Maria delle Grazie viene consacrata da monsignor Peretti il 6 agosto 1606,
*Bartolomeo Peretti di Talamone. A detta di alcuni imparentato con la famiglia Peretti di Sisto V. Di carattere incline all’ira per questo motivo gli fu interdetta l’amministrazione della sua diocesi per un certo periodo, indi ritornato muore nel 1628

Venafro
Nel 1606 viene acquistato per 86000 ducati da Michele Peretti.
(il Ratti dice che fu Camilla che nel 1591 o nel 1594 che acquistò Venafro, Pescina e Celano dai Piccolomini di Amalfi)
Il successore (probabilmente nel 1628) fu Francesco che nel 1631 si dette al sacerdozio ascendendo in breve tempo alla porpora cardinalizia prendendo il nome di Cardinale Montalto. I poteri feudali vennero delegati al locale vescovo, mons. Cardella (?), mentre diventò erede la sorella Maria Felice. La principessa Peretti era consorte di Bernardino Savelli, principe di Albano, appartenente ad una nobile famiglia romana che aveva dato sei pontefici alla Chiesa. Della famiglia Savelli rimase una traccia a Venafro: la porta Savelli costruita nel 1687, oggi non piu' esistente. Nel 1690 Giulio Savelli, figlio di Bernardino e della Peretti vende il feudo al cugino Giambattista Spinelli che lo rivenderà nel 1698.

Riferisce il De Utris riprendendo quasi integralmente dal Valla: “Anno 1606. Al Marchese Filippo Spinola succedè Ambrosio suo figlio che poco tenne la detta città, stante che la medesima domandò e fu ammessa nella prelazione. Ma perché non aveva denari propri li pigliò ad interesse dal Principe di Sulmona e dal Conte di Trivento e non bastando la rendita per pagare l’interesse o per insufficienza o per causa di mala amministrazione, e però travagliata di continuo da commissari e cresciuto il debito in somma considerabile fu necessario renunciare al Demanio e fare l’istanza che di nuovo si vendesse, conforme ne seguì l’effetto e fu comprata da D. Michele Peretti nipote di Sisto V per ducati ottantaseimila con titolo di Principe nel 1606″. Altrove risulta il 1605 l’anno nel quale Filippo III concede a Michele il titolo di principe.
I beni che vengono acquistati dai Peretti vengono elencati dal razionale Farina: “… a detto Michele per se et successori la detta città di Venafro con suo castello seu fortezza, Banco della Giustizia et Cognitione delle cause civili, criminali et miste, feudi suffeudi quaternati et ne quaternati, scandaggi, zecca di pesi et scure, ragioni di patronato di chiese et … come detta città si era posseduta per li predecessori possessori di essa et signater colli infrascritti corpi. Lo Castello in capo della città con giardino. Lo palazzo a mezzo della città con cortiglis, stalla, cantina e diverse stanzia. La Torre nell’entrare della città alla vista del mercato. Lo giardino con la casa di ricreazione fuori della città. La Mastrodattia con li proventi delle cause civili, criminali et misti: annui ducati 280 che paga l’Università per la Bagliva, Postulonia della città. Lo bosco di ghiande nominato Folignano e Valle delle quali due parti sono della Corte Baronale. Il territorio lavoratorio nominato Schito. La giurisdizione alla feria di S. Michele. Lo franco di detta feria. La feria di S. Giovanni. Una Balchera. Uno forno. Due molina delle quali la metà è della Corte Baronale. La giurisdizione della macina delli Casali. La starza dove si dice S. Donato. Un uliveto con molti piedi di olive. Una starza vicino al detto territorio di Schito. Le caccie di penne come di pelo. L’acqua. Balchere et ogni altra ragione et azione et il suddetto per il prezzo di ducati ottantaseimila depositati nel Banco del Monte della Pietà, acciò si fussero liberati iusta la forma del deposito…”
I due molina delle quali la metà è della Corte Baronale che Michele Perretti acquisisce con l’acquisto della città, dovrebbero essere proprio quelli della Pescara e che nella richiamata stampa del Pacichelli sono ben visibili. Accanto ad essi è rappresentato il giardino e peschiera della Corte. Questo giardino di sicuro è lo stesso che nell’elenco dei beni acquistati dal Perretti viene definito lo giardino con la casa di ricreazione fuori della città.
Nella rappresentazione a volo d’uccello il giardino si presenta ben realizzato, chiuso all’esterno da un muro e con al centro un laghetto quadrato, la “peschiera“, delimitato da una balaustra. Al centro della vasca una piattaforma, anch’essa balaustrata, con accesso in rapporto prospettico con la casa del giardino.
Il termine “peschiera” ancora oggi è rimasto nella definizione popolare della zona che viene comunemente indicata come “la pescara“.
(tratto da “Venafro origine e crescita di una città” di F. Valente Campobasso 1979 per l’intero articolo vedi Appendici 2)
Un ricordo della presenza dei Peretti-Savelli è testimoniato sul portale del salone, al di sopra dello stemma a rilievo dei Pandone nell’omonimo castello venafrano.

Nel ferrarese ed anche in polesine: Bagnolo, Canda, Castelguglielmo, Ceneselli, Villafora, Salvaterra, Crocetta, Spizine, Cavalon e Campagnon.
( A Ceneselli (RO) esiste una Villa Peretti)

1594
Il feudo di Mentana fu elevato a Marchesato da Gregorio XIII nel 1579, ma difficoltà finanziarie indussero Flavio e Virginio Orsini, i 21 luglio 1594, a vendere la tenuta a Camilla Peretti, per 225.000 scudi.
L’atto di vendita fu approvato il 28 aprile 1595 da Clemente VIII. I Peretti non tennero a lungo questo possedimento, non riuscendo a dirimere problemi relativi ai confini territoriali vendettero il Marchesato nel 1655 ai Borghese.

- Michele vi fa edificare un Convento con annessa la Chiesa detta della Concezione o della Beatissima Vergine Maria e San Francesco (l’intero complesso è noto come il conventino). Un’iscrizione marmorea posta all’interno sopra la porta di ingresso testimonia la dedicazione e il committente:

DEIPARAE VIRGINI MARIAE ET SANCTO FRANCESCO
AD MAJOREM CHRISTI CULTUM RELIGIONEMQUE AUGENDAM
MICHAEL PERETTUS SIXTI V PONTIFICIS MAXIMI
PRONEPOS ET VENAFRI PRINCEPS AEDES ET ECCLESIAM
A FUNDAMENTIS EREXIT A.D. MLXXXX

(Alla Vergine Maria Madre di Dio ed a San Francesco, per accrescere sempre più il culto verso Cristo e la religione , Michele Peretti, pronipote di Sisto V Pontefice Massimo e principe di Venafro, eresse dalle fondamenta il tempio e la chiesa nell’Anno del Signore 1590).
[N.B. Data errata deve essere 1610]
Il complesso era ad un piano, con due file di finestre, collegato alla Chiesa, ed aveva un portico che abbracciava il chiostro centrale, al piano terra c’era un grande ambiente con camino, a fianco una struttura più bassa, destinata probabilmente a biblioteca.
La Chiesa era a navata unica, con volta a botte e portale sormontato da un timpano, a lato due cappelle, una dedicata a San Michele e l’altra a San Francesco.
La costruzione del Conventino fu ostacolata poiché nelle vicinanze, a Monterotondo, sorgeva già un convento costruito ottant’anni prima, ma in seguito, dietro pressanti insistenze, vennero inviati sul posto i Padri Cappuccini, che individuarono il luogo, piantarono una croce, come vuole la tradizione francescana, ed in seguito si dette il via alla costruzione.
La consacrazione avvenne il 14 novembre 1610, officiata da Mons. Cesare Fedeli, Vescovo di Sulmona che benedisse sia l’altare maggiore, dove vennero riposte le reliquie di San Felice I papa, che probabilmente lo stesso Michele Peretti fece arrivare sa Roma, sia le due cappelle laterali. Anche questo avvenimento è testimoniato da una iscrizione posta sopra la porta della chiesa:

AD BEATAE MARIAE VIRGINIS CONCAEPTIONIS HONOREM
ET GLORIAM COESAR FIDELIS EPISCOPUS SULMONENSIS
ANNO SALUTIS MDCX, DIE XIV, NOVEMBRIS MAGNO
POPULI CONCURSU TEMPLUM HOC ET ALTARE MAJUS
ET MICHAELIS ET S. FRANCISCI MINORA CONSECRAVIT
IMAGINESQUE BENEDIXIT

(Alla Beata Maria Vergine della Concezione onore e gloria il Vescovo di Sulmona Cesare Fedeli nell’anno di grazia 1610, il 14 novembre, con grande partecipazione del popolo consacrò questo tempio e l’altare maggiore ed i minori (altari) di San
Michele e San Francesco e benedisse i ritratti).

I Padri Cappuccini ben presto abbandonarono il convento a causa dell’insalubrità del luogo e la stessa cosa fecero gli Agostiniani Scalzi che vennero in un secondo tempo, scordando entrambi, oltre al culto, che all’interno della chiesa vi erano conservate le reliquie di Papa Felice I.
Foto nella sezione relativa [da Mentana & Nomentum]

- Altra opera fatta erigere da Michele Peretti fu la Chiesa e il convento di Santa Maria degli Angeli, voluto dalla moglie Anna Maria Cesi, appartenente al Terzo Ordine Francescano. Probabilmente fu un progetto nato per dare ospitalità ai religiosi francescani che in quel tempo si recavano a Roma verso i santuari della Sabina e della Valle Reatina, o viceversa, e che spesso si fermavano a chiedere accoglienza al palazzo di Mentana, che si trovava proprio sulla loro strada.
La realizzazione della Chiesa iniziò probabilmente nel 1617 ed il luogo su cui far sorgere questo nuovo edificio religioso fu individuato a poca distanza dal centro abitato, dove oggi vi è ubicato il cimitero e dove una volta si trovava l’antica Cappella di Santa Maria della Vecchia Fonte, che peraltro fu inglobata nella nuova costruzione. I lavori si protrassero per anni e la principessa Anna Maria Cesi Peretti acquistò dei terreni dotando il Convento di un orto, un frutteto, un vigneto, uno spazio per l’allevamento di animali e infine un bosco di querce, che sopravvisse fino al XX secolo.
Al convento si accedeva dal sagrato della Chiesa tramite un ingresso, posto sul lato sinistro del complesso. Un grande chiostro rettangolare aveva al centro una cisterna per la raccolta delle acque piovane e tutt’intorno si ergevano gli edifici a due piani. Nel sotterraneo vi era la stanza per il bucato con tre vasche, la legnaia e tre cantine. Al pianterreno si trovavano una stanza che permetteva di accedere agli orti, un magazzino per i viveri, il refettorio, la cucina, tre dispense,una stanza con il forno, un’altra con il camino, un tinello, la stalla e il pollaio ed altre stanze adibite a vari usi. Al piano superiore, oltre alla foresteria, si trovavano 25 stanze, adibite a celle, guardaroba e stenditoio; la biblioteca era dotata di 281 volumi e la facciata rivolta a nord aveva un ampio lggiato ad archi, che si affacciava sulla vale sottostante.

La consacrazione della Chiesa e del Convento avvenne il 19 ottobre 1634, con una cerimonia officiata da mons. Tommaso Brandimarte.
Il palazzo baronale (ora municipio) viene restaurato con la sistemazione di una scalinata e un portale che si affaccia su piazza San Nicola.

Uno stemma di Francesco Peretti, probabilmente del 1611, anno in cui gli viene donato il marchesato dal padre Michele campeggia sull’ingresso del palazzo
Dopo Michele, essendosi ritirato in convento il figlio Francesco, l'eredità passa all'altra figlia Maria Felice, sposata con Bernardino Savelli, principe di Albano.
Nel 1655 il marchesato viene rivenduto ai Borghese.

1597 Gli Orsini, costretti da difficoltà economiche, vendono a Michele Peretti, la tenuta di Torre Lupara. Si registra che la località di Casale Tor Sant'Antonio, (sita a Tor Lupara, frazione del comune di Fonte Nuova) nel 1611 apparteneva al Peretti che nel 1616 la vende ai Borghese.
Casale della Leprignana
Acquistao da Sisto V per conto della sorella da Mons. Celsi per 39mila scudi.

Il Castello di Palo
Comune di Ladispoli (RM) .Notizie da verificare parlano che sia stato di proprietà di Sisto V
Il Castello di Torre in Pietra
Acquistato per 70mila scudi

1590 Michele Peretti ottiene la tenuta, per atto tra vivi, da donna Camilla Peretti. Questa tenuta comprende dieci poderi o casali dei quali otto vengono acquistati dalla principessa donna Camilla, e cioè Prugnano e Leprignano nel 1587, Palidoro, S’Angelo, Castrolombardo e Cortecchia nel 1588, Torre in Pietra e San Biagio nel gennaio 1590; gli alri due casali, detti Torre in pietra de Cinciis e Castiglione delle Monache, vengono acquistati dal principe don Michele Peretti, il primo nel 1615, il secondo nel 1617.
Donna Camilla, con atto rogato in Roma il 20 dicembre 1590 dal notaio Tarquinio Caballuzio, supportata dal patriarca di Gerusalemme Fabio Blondo, eletto suo curatore per mancanza del consorte, dona a don Michele e ai suoi discendenti questi possedimenti.

All'inizio del XVII secolo il principe Michele Peretti fa costruire una nuova, grande e sfarzosa residenza signorile. Con la morte di Michele (1631) la proprietà passa al figlio Francesco (è suo lo stemma cardinalizio). Nel 1639, la tenuta con otto casali e il castello vengono venduti al Principe Orazio Falconieri per un importo pari a 326000 ducati; mentre i due casali, acquistati proprio da don Michele, erano ipotecati per la dote dovuta a donna Maria Cesi, seconda moglie del principe. I

Marchesato di Incisa (AT e AL) dal 29 gen 1589 al 23 apr. 1592 (?)

1589
Sisto V acquista al nipote Michele Peretti per 187500 scudi dal Marchese di Mantova il marchesato di Incisa e la contea di Calusio. E così Michele Peretti diviene sovrano del Marchesato, ma cercando di imporre vecchi diritti feudali si attira le antipatie della popolazione che chiede aiuto a Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova che nel marzo del 1605 in cambio di un pagamento di duemila crosoni, caccia il marchese Peretti e lo sostituisce con i marchesi Bevilacqua nel 1606.

Il feudo di Caretino (in prov. di AL), che faceva parte del Marchesato di Incisa, viene dal Gonzaga distaccato e venduto a Lodovico Fini (13 ottobre 1606)
Palidoro
Alcune fonti ricordano che già nel 1588 D. Camilla Peretti era conosciuta come signora di Palidoro, l’acquisto, fatto dal pontefice a nome della sorella, per 80.000 scudi dai Signori Carlo, Faustina e Alessandro Muti riguardava oltre il casale di Palidoro anche S’Angelo e Castel Lombardi.

Villa Grazioli (Grottaferrata)
1614 21 lug. Il Cardinal Taverna vende a Michele Peretti la villa. Dietro il suggerimento del Cardinal Alessandro Montalto, Michele commissiona la decorazione della Stanza dell'Eliseo, al piano nobile, ad Antonio Carracci, nipote del celebre Annibale. La Villa passa ai Savelli e nel1683 al duca Livio Odescalchi.

Villa Taverna (Frascati)
1614 Michele Peretti l’acquista

Villa Lante a Bagnaia (VT)
Nella piazzetta del Castello vi è una fontana del 1600 fatta costruire dal Card. Montalto, forse su disegno del Vignola. Proseguendo si arriva all'ingresso della Villa, attribuita anch'essa al Vignola. Esistono due palazzine, quella di destra, così come il giardino all'italiana, voluta dal cardinale Francesco de Gambara, imparentato con i Farnese, mentre quella di sinistra viene fatta costruire dal Card. Montalto, committente anche di tutte le fontane del parco. Tra queste importante la Fontana del Quadrato, opera del Giambologna, con il gruppo dei Quattro mori che sorreggono il trimonzio con stella.

In possesso dei Peretti vi erano ricchi feudi nelle Marche
Palazzo del Cardinal Montalto a Sant'Elpidio a Mare
Sede della Nobile Contrada di San Giovanni (in via Marconi 16) appartenuto al nipote di Sisto V, indi alla famiglia Nannerini e infine alle suore oblte salesiane alle benedettine poi.

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