L'opera di Gregorio XIII
L’idea di un Collegio pontificio a Bologna non si deve a Sisto V, bensì al bolognese Gregorio XIII Boncompagni, il quale in Roma già stava realizzando un vasto piano di iniziative pedagogico-culturali, destinate sia alla formazione di un clero preparato per il ricupero delle zone cadute sotto la riforma protestante, sia per la preparazione di una nuova classe dirigente onesta e competente, nelle cui mani egli giustamente vedeva collocato l’avvenire della vera riforma cattolica.
Appena a un anno dalla sua elezione al soglio pontificio, con la bolla Postquam Deo del 6 agosto 1573 egli stabilì su nuove basi, per cento studenti « ex universa Germania septemtrionalibusque illi adiacen- tibus regionibus colligendi», quel Collegio Germanico che Giulio III con la bolla Dum sollicita del 31 agosto 15524 aveva eretto per soli
venticinque studenti e affidato alla direzione dei Gesuiti[1]; lo dotò con rendite di diecimila scudi d'oro e lo privilegiò con ampia esenzione dai dazi e altri gravami[2]. Nel 1575 gli alunni erano già saliti a 130, tutti tedeschi[3], e il rapido progresso del collegio fece decidere il papa alla fondazione di un altro, quello Ungarico, nel monastero di S. Stefano al Celio[4]. Siccome però la dotazione di esso si rendeva problematica, nel 1580 lo unì al Germanico che aveva rendite sovrabbondanti, e da allora i due collegi restarono uniti[5].
Il 13 gennaio 1577, con la bolla In Apostolicae sedis, eresse il Collegio Greco per alunni non necessariamente destinati alla carriera ecclesiastica[6]. Dopo una permanenza provvisoria in via Ripetta, esso trovò
sede stabile in via del Babuino, con annessa la chiesa di S. Atanasio, di rito greco. Una rendita annua di 1200 scudi d’oro, con altre dotazioni avvenute in seguito, assicurava il mantenimento degli alunni, die per la maggior parte provenivano dal dominio veneziano di Levante e per questo indossavano, col caftano greco, il berretto veneziano
Nello stesso anno, con la bolla Vices eius del 1° settembre, nella casa dov’era morta S. Caterina da Siena e dietro suggerimento di S. Filippo Neri, Gregorio XIII fondò un nuovo collegio, per accogliervi i giovani venuti alla Chiesa dal Giudaismo o dall’IsIam[7]; e l’anno successivo diede sede e stabilità economica al Collegio Inglese il quale, fondato nel 1568 a Douai dal futuro card. Guglielmo Alien, si era trasferito a Roma nell’ospizio dei pellegrini inglesi presso la chiesa di S. Tommaso [8].
Ancora Tanno prima di morire, prowide all’erezione di un collegio per i Maroniti del Libano[9] e di un altro per gli Armeni[10].
Tutti questi collegi seguivano i corsi di studio presso il Collegio Romano: la geniale istituzione di S. Ignazio e dei Gesuiti, aperta a tutte le nazioni e in gara coi migliori centri romani di cultura, anche se la fatiscenza degli edifici non solo ne oscurava il prestigio, ma anche sembrava riservarle un'esistenza effimera. Gregorio XIII ovviò anche a questo: fece costruire una nuova sede e dotò copiosamente la giovane università, che da lui prese il nome di Gregoriana e che anche oggi è tra i più prestigiosi centri mondiali del sapere[11].
Questa politica lungimirante, che solo più tardi si rivelò quanto fosse preziosa per la Chiesa, trovò resistenza nella curia romana, per i pingui benefici ecclesiastici che andavano a finire nel sostentamento degli alunni[12]. Ma papa Gregorio, convinto di non poter opporre argine più valido al dilagare del protestantesimo, procedeva deciso nella via intrapresa, e ancora alla fine della vita ideò la fondazione di un nuovo collegio nella sua città natale per quegli studenti tedeschi che volessero studiar Legge in quella celebre università; anzi, fin dal 5 marzo 1585, con rogito del notaio bolognese Carlo Garelli, aveva acquistato da Emi-
lio del quondam Paolo Zambeccari «unum Pallatium et casamenta ac edifficia illi annexa et connexa, iuraque et iurisdictiones illius, posita in parroquia S. Barbattiani, confinata iuxta Plateolam seu Salicatam S. Francisci, iuxta vias publicas a duobus lateribus »[13]. Non contento di ciò, vagheggiava la fondazione ancora in Roma di altri due collegi, uno per gli Irlandesi e l’altro per i Polacchi, come pure in Lecce o in Bari la creazione di un istituto simile, per accogliervi gli Albanesi e i Serbi dell’opposta sponda adriatica[14], ma la morte (10 aprile 1585) non gli permise di condurre in porto i suoi progetti.
[1] L’idea era stata di S. Ignazio, e lo scopo era di preparare degni e dotti sacerdoti per la preservazione e il consolidamento della fede in Germania. Il P. Lainez, successore di S. Ignazio, cercò di conservare l’istituzione — alla quale mancava una solida dotazione — accettando convittori di ogni nazione, anche chi non era intenzionato ad abbracciare lo stato ecclesiastico. Questo però era lasciar cadere lo scopo germanico. Il P. Borgia volle riprenderlo e propose a Gregorio XIII la rifondazione del Collegio. A queste vicende si riferiscono le parole della bolla Postquam Deo: « Considerantes... Col- legium... ob varias quae postea sequutae sunt temporum et rerum difficultates parum processisse nullumque incrementum suscepisse, quin potius quasi destitutum ac praeter- missum esse, quoniam nec reditus ullus, nec quicquam fere certi attributum eo Collegio fuerat, et ob id exiguum admodum puerorum huiusmodi numerum, prae magnitudine provinciae et messis quae in ea est, hoc tempore ali et institui... nos ad hoc opus... animum et mentem nostram convertimus» (Bullarium Romanum, Vili, p. 53); Fliche- Martin, Storia della Chiesa, XVIII/1, Torino 1966, pp. 241-242.
[2] Con le bolle Ut ceteri e Pro nostri muneris, ambedue del 15 luglio 1574 (Bullarium Romanum, Vili, pp. 56-58 e 85-86) papa Boncompagni concedeva esenzioni ancora maggiori e determinava la giurisdizione e le facoltà dei cardinali Protettori; con la Quoniam Collegium Germanicum del 20 novembre 1576 concedeva agli alunni, come casa di vacanza e di diporto, «vineam extra Portam Flaminiam, in loco Pesaioli nuncupa- to sitam» (Bull Rom., Vili, pp. 155-158).
[3] Ludwig von Pastor, Storia dei Papi, IX (Roma 1955), pp. 173 e 182 nota 2.
[4] Bolla Apostolici muneris del 1° marzo 1579: Bullar. Rom., Vili, pp. 250-254.
[5] Con la bolla Ex Collegio Germanico del 1° aprile 1584 Gregorio XIII regolò l’ammissione e la permanenza degli alunni nei due collegi riuniti (Bull. Rom., Vili, pp. 447-455). Per essi si veda: Pontificium Collegium Germanicum et Hungaricum: 1573-1973, [Roma, Tip. Pont. Univ. Gregoriana, 1973], pp. 5-88; Friedrich Schroeder, Monumenta quae spectant primordia Collegii Germanici et Hungarici collecta et illustrata, Romae 1896; Giulio Cesare Cordara, Collegii Germanici et Hungarici Historia libris IV compre - hensa, Romae 1770; Andreas Steinhauber, Geschichte des Collegium Germanicum Hungaricum in Rom, Freiburg i. Br. 1906; Josef Jungnitz, Die Breslauer Germaniker, Breslau 1906.
[6] Bullar. Rom., Vili, pp. 159-162: «... Ingens animum nostrum subit miseratio Graecae nationis, quae diu olim litterarum scientiarumque eruditionis praestantia et imperii floruit sublimitate, postea Turcarum subiecta tyrannidi, ad extremam fuit redacta calamitatem et... in tantam scientiarum omnium ignorationem Graeciae populi devene- runt, ut vix ullus inter eos reperiatur, qui illas prof iteri et alios docere possit... Quocir- ca, cupientes antiquam et celebrem nationem ab huiusmodi ignorantiae caligine... revo-
[7] Bullar. Rom., Vili, pp. 188-191. Questa istituzione determinò un numero così grande di conversioni, che presto «il luogo non fu bastante» (Pastor, Storia..., IX, p. 180, n. 1, ove è citato il ms. vat. Ottoboniano 2452 con l’elenco dei giovani battezzati
il 18 aprile 1579; cfr. oggi Wipertus H. Rudt de Collenberg, Le baptème des juifs à Rome de 1614 à 1798 selon les registres de la «Casa dei Catecumeni», in «Archivum Hi- storiae Pontificiae », 24, 1986, pp. 91-231; 25, 1987, pp. 105-261; 26, 1988, pp. 119- 294). Il Collegio, prima in S. Giovanni in Mercatello nella regione Campitelli, poi in S. Eustachio nella stessa regione, ad istanza del card. Protettore Antonio Barberini fu trasferito da Urbano VIII presso la chiesa di S. Maria ai Monti; la direzione di esso, prima svolta da una confraternita di chierici, ad istanza del card. Fulvio Astalli venne affidata alla Congregazione dei Pii Operai da Clemente XI con la bolla Salvatoris nostri del
2 gennaio 1712 (Bullar. Rom., XXI, pp. 466-478).
[8] Con la bolla Quoniam divinae del 23 aprile 1578 e con l’assegnamento d’una rendita annua di 3000 scudi d’oro, a cui s’aggiunse l’abbazia di S. Sabino presso Vicenza con altri 3000 ducati annui, Gregorio Xm potè portare il numero degli alunni a «non meno di cinquanta» (Pastor, Storia..., IX, pp. 175-176). Eloquenti le parole della bolla: «Versantur quotidie ante oculos nostros iuvenes, ex ilio miserrimo regno huc profugientes, qui... patria, parentibus et bonis relictis, sese nobis ad catholicae religionis in qua nati sunt institutionem suscipiendam miserabiliter offerunt, eo animo ut salutem sibi primo comparent, deinde vero ut, post adeptam divinarum rerum scientiam, in Angliam ad alios qui a via veritatis declinarunt erudiendos revertantur» (Bullar. Rom.. Vili, pp. 208-214). Circa gli ex alunni di questo Collegio, che fu definito «seminario di martiri, i quali baciavano gli strumenti di tortura, benedicevano il boia e abbracciavano la scala che li conduceva alla forca» (Pastor, IX, 176), si veda il Li ber ruber ven. Collegii Anglorum de Urbe, edited by Wilfrid Kelley, I (Publications of thè Catholic Record Society, 37), London 1940; II (Publications..., 40), London 1943. Per il Collegio: Francis Aidan Gasquet, A history of thè venerable English College, Rome, London- New York, 1920; Luigi e Pierluigi Lotti, La Comunità cattolica inglese di Roma: la sua chiesa e il suo collegio (I quaderni dell’Alma Roma, 18), Roma 1978.
[9] Bolla Humana sic del 27 giugno 1584 (Bullar. Rom., VIII, pp. 475-480), nelle case annesse alle due parrocchie di S. Giovanni de Ficoria e di S. Andrea delle Fratte, nel rione Trevi.
[10] Bolla Romana Ecclesia del 13 ottobre 1584 (Bullar. Rom., Vili, pp. 493-496): « Ex intimo corde desiderantes tam numerosae tamque piae nationi qua possumus sub- venire... proprium Collegium eidem nationi in alma Urbe erigere decrevimus, in quo adolescentes selecti bonaeque indolis et expectationis Sedis Apostolicae impensis alantur et bonis moribus sanaque doctrina imbuantur, ut iidem postea, ad suos remeantes, quam maximo eis adiumento et consolationi spiritualibus in rebus esse possint». Per il nuovo Collegio Armeno, fondato da Leone XIII in via S. Nicola da Tolentino, cfr. Memorie del Pont. Collegio Armeno 1883-1953, Venezia-San Lazzaro 1958.
[11] Fliche-Martin, Storia..., XVIII/1, p. 239; Ernesto Rinaldi, La fondazione del Collegio Romano: memorie storiche, Arezzo 1914; Ricardo Villoslada, Storia del Collegio Romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù (1773), Roma 1954. Nel 1870, quando lo Stato italiano la cacciò dal Collegio Romano, l’Università Gregoriana trovò rifugio negli edifici del Collegio Germanico, dove entrambe le istituzioni convissero per una ventina d’anni, fino a che, aumentati gli studenti tedeschi, il Germanicum si procurò una nuova sede nell’ex Hotel Costanzi (Pastor, Storia..., IX, p. 182, nota 2).
[12] Pastor, Storia..., IX, pp. 184-186.
[13] Troviamo questa descrizione nello strumento di retrovendita del 14 marzo 1587, a rogito di Alessandro Silvestri e Cesare Furlani, fatta dalla Camera Apostolica a Flaminio Zambeccari: Arch. di Stato di Bologna (e così sempre: ASB), Demaniale, 27/7248, interno 20. L’intenzione di Gregorio XIII è così riferita da Sisto V nella bolla Omnipotentis Dei: «Cum... felicis recordationis Gregorius papa XIII praedecessor noster in Civitate Bononiensi, quae omnium liberalium artium doctrinarumque studiis semper floruit, quasdam aedes animo et intentione unum Collegium Scholarium Germanicae vel alterius nationis in eis instituendi nomine et impensis Camerae Apostolicae praetio sep- tem millium scutorum auri vel alterius verioris summae emi et acquiri curaverit, morte- que praeventus hunc mentis suae conceptum executioni demandare nequiverit... » (Roma, Arch. Segr. Vaticano, Secr. Brev. 162, f. 107v; cfr. più avanti, Appendice prima). La « saliciata di S. Francesco » corrispondeva all’odierna piazza Malpighi, cioè a quel lungo piazzale ricavato nel 1290 mediante il riempimento del fossato che costeggiava le mura cittadine e più tardi selciato con grossi ciotoli di fiume: da qui il nome.
[14] Pastor, Storia..., IX, p. 184.