Francesco Curia, Allegoria francescana con Sisto V
[...] Di poco più tarda dovrà essere l'Allegoria francescana nella chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli. Il dipinto stava sull'altare della cappella della confraternita dei cosiddetti cordiglieri (o del Cordone di san Francesco) istituita da papa Sisto IV (sic.) [si tratta evidentemente di Sisto V ndr.] nel 1585, anno che costituisce dunque il termine post quem per l'esecuzione del dipinto stesso. La sua iconografia è appoggiata a un'incisione di Agostino Carracci, «eseguita proprio in occasione della istituzione della medesima Confraternita [...]. Rispetto all'incisione di Agostino [...] l'iconografìa del dipinto del Curia appare molto più elaborata. È stato perciò supposto che, oltre all'incisione appena citata, il pittore conoscesse la xilografia di autore anonimo che accompagnava la bolla di Sisto V. Di qui, forse su suggestione dei committenti, potrebbe venire la soluzione adottata dal Curia per la parte superiore dell'Allegoria con Dio Padre contornato di testine di angeli e cinto nel cordone che da lui si diparte per raggiungere Cristo e san Francesco [...]. In piedi sull'altare, al centro della composizione è la chiesa che in veste di giovane donna impugna nella mano sinistra la chiave», simbolo di San Pietro, «e con la destra riceve per prima il salvifico cordone». Attorno alla figura della Chiesa si dispongono le virtù francescane: «l'Obbedienza sottoposta al giogo, la Fedeltà avvolta in un manto [...], la Povertà che rivolge dal basso lo sguardo» verso la Chiesa, facendo capolino da un manto scuro». Ai piedi dell'allegoria papa Sisto indica il tabernacolo aperto con l'ostia, centro salvifico di tutta la composizione, attorniato dai principali santi francescani.
«Alle loro spalle una gran folla di popolo, finta probabilmente in processione com'era abitudine dei congregati, partecipa all'evento, tutti in attesa di esser cinti dal cordone, e chi già lo ha meritato a sua volta si preoccupa di chi gli sta accanto. Sullo sfondo, a destra, s'intravedono le anime che tramite l'indulcenza plenaria, offerta ai membri della Confraternita, ascendono direttamente al ciclo; sulla sinistra un paesaggio si perde in lontananza al di là di una monumentale, ma non identificabile, chiesa (I. di Maio 1999-2000).
Il complesso dipinto deve molto del suo fascino, oltre che al soggetto, allo straordinario «compromesso» tra una sbrigliata fantasia formale volta a sottili eleganze manieristiche e gli accenti di più severa contrizione contro riformata. Per cui alla vivace vitalità dei putti e degli angeli, alle pose contorte delle virtù francescane si contrappongono la macerata severità di Cristo e di san Francesco e la pietosa compunzione dei santi e dei devoti francescani. Curia si piega dunque a mettere un po' ai margini la sua predilezione verso briose, capricciose «laiche» eleganze, in un dipinto cui era stata affidata una precisa risposta alla negazione protestante dei meriti, nonché del ruolo salvifico della Chiesa di Roma, mediatrice tra l'uomo e Dio.
L'Allegoria francescana di San Lorenzo ci mostra un altro aspetto assai significativo dell'arte di Curia ed è la sua grande capacità ritrattistica. [...].